Viaggiare con umiltà
- 12 Dicembre 2024
- Posted by: VectorWM
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«Viaggiare è un atto di umiltà. Chi è convinto di sapere tutto, preferisce non muoversi da casa.»
Citazione tratta dal Manuale dell’imperfetto viaggiatore, di Beppe Severgnini
«Chi è convinto di sapere tutto» difficilmente è un buon investitore. Ispirandosi alle parole di Severgnini, viaggiare all’interno dei mercati è anche «un atto di umiltà». Bisogna “muoversi da casa” e uscire a esplorare tutto ciò che può influenzare l’andamento degli asset, dandoci un quadro del contesto economico, come i dati macro.
Questa settimana gli investitori hanno monitorato soprattutto l’indice dei prezzi al consumo (CPI) USA, che ha registrato in novembre una variazione dello +0,3% mese su mese, dal +0,2% di ottobre e in linea con il consensus. Nei quattro mesi precedenti, l’incremento mensile è stato dello 0,2%, si legge nel comunicato diffuso dal Bureau of Labor Statistics.
Molta attenzione è stata riservata alla componente core, ovvero all’inflazione depurata dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni energetici e alimentari, che ha messo a segno sempre un progresso dello 0,3% su base mensile.
Anno su anno, la variazione CPI totale è stata del +2,7%, anche in questo caso in linea con il consensus 2,7%. L’inflazione core, come da attese, è cresciuta del 3,3%.
I dati sull’inflazione allineati alle stime degli economisti hanno quindi rafforzato le aspettative che la Federal Reserve continuerà a ridurre i tassi di interesse, a partire dalla riunione del 18 dicembre, che si confermerà tra gli ultimi market mover di quest’anno. I dati CPI «sono stati particolarmente incoraggianti per la FED», ha affermato Ian Lyngen di BMO Capital Markets.
Mentre Whitney Watson, co-chief investment officer of Fixed Income and Liquidity Solutions di Goldman Sachs Asset Management, ha detto che «l’inflazione core in linea con le attese spiana la strada per un taglio dei tassi alla riunione del FOMC della prossima settimana. Dopo i dati CPI, la FED si accinge ad affrontare le festività natalizie confidando ancora nel processo di disinflazione e riteniamo che sia ancora orientata verso un ulteriore e graduale allentamento monetario per l’anno nuovo».
Guardando i costi abitativi, una delle fonti di inflazione più persistenti degli ultimi anni, questi si sono raffreddati rispetto al mese precedente, ma tale componente ha comunque rappresentato quasi il 40% dell’aumento complessivo.
«Considerando in particolare il rallentamento dei costi abitativi» si delinea uno scenario «molto rassicurante per la FED nel decidere un taglio dei tassi di politica monetaria di 25 punti base a dicembre e nel proseguire con ulteriori riduzioni nel 2025», hanno dichiarato in una nota gli economisti di Citigroup, Veronica Clark e Andrew Hollenhorst.
Tuttavia, sebbene le pressioni sui prezzi siano diminuite rispetto ai livelli massimi registrati durante la ripresa post-pandemia, i progressi si sono stabilizzati nel corso del tempo, spingendo diversi banchieri centrali a valutare un ritmo più graduale di riduzione dei tassi in futuro.
Pertanto, è meglio non dare nulla per scontato relativamente al 2025. La settimana scorsa, nel commentare i dati relativi al mercato del lavoro USA arrivati con la pubblicazione dei “Nonfarm Payrolls”, la governatrice della Fed Michelle Bowman aveva lanciato un chiaro avvertimento, facendo notare che il processo disinflazionistico, negli Stati Uniti, non è così solido come avrebbe voluto, e pertanto tagliare i tassi in modo troppo veloce potrebbe essere una mossa avventata.
Atteggiamento prudenziale anche da parte dell’ex presidente della Cleveland Fed, Loretta Mester, secondo quanto ha detto a Yahoo Finance dopo gli ultimi dati sull’inflazione. L’ex membro del comitato della Federal Reserve ha dichiarato di vedere ancora un taglio dei tassi la prossima settimana, ma ha aggiunto che una precedente stima di quattro tagli dei tassi per il prossimo anno «deve essere rivista». «Penso che rallenteranno» e «due o tre tagli nel 2025 mi sembrano corretti».
Il prossimo anno, inoltre, le politiche di Trump potrebbero rimescolare le carte. La sua amministrazione, con la prevista implementazione di politiche tariffarie forti sui prodotti importati negli States, più la limitazione della presenza di migranti (che hanno aiutato a non far esplodere i salari in un contesto, comunque, di crescita degli stipendi), potrebbe riaccendere la spinta inflazionistica.
Uno scenario molto articolato in cui è meglio non credere di sapere sempre tutto.