Una promessa è una promessa

«Parlavano di tutto quello che avevano in mente, senza girarci attorno. Quasi di tutto. Harry non accennava mai alla sua grande paura. La paura di promettere qualcosa che non era certo di poter mantenere.»

Citazione tratta da Polizia, di Jo Nesbø

 

La paura di Harry, quella di promettere qualcosa che non era certo di poter mantenere, è una “paura saggia”. Meglio non prendere impegni se si pensa di non poterli mantenere. E qui arriviamo al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che durante la campagna elettorale – senza paura – aveva promesso un maxi piano di aiuti per rilanciare l’economia a seguito dell’impatto del Covid-19.  La settimana scorsa, tale impegno è diventato una realtà: la Camera americana ha infatti approvato definitivamente il progetto da 1.900 miliardi di dollari voluto da Biden. Tuttavia, non tutte le forze politiche sono concordi, e l’American Rescue Plan è passato con una stretta maggioranza di partito, 220 sì dai democratici, che hanno subito una sola defezione, contro i 211 no dei repubblicani.

Quando, venerdì 12 marzo, Joe Biden ha firmato il piano nello Studio Ovale, lo ha definito una «legge che volterà pagina nella pandemia e farà ripartire la nostra economia». Entrando nel dettaglio, circa 800 miliardi del provvedimento sono destinati a pagamenti per il sostegno dei cittadini americani. A partire dagli assegni una tantum da 1.400 dollari a persona – per complessivi 410 miliardi – che andranno a chi ha redditi individuali fino a 75mila dollari e di coppia fino a 150mila dollari. A questa misura si aggiunge l’estensione fino a settembre dei sussidi straordinari federali per la disoccupazione, che valgono 300 dollari a settimana. Scatta inoltre un rafforzamento dei crediti d’imposta per figli minorenni, trasformati a loro volta in assegni: tale voce mobiliterà 143 miliardi con l’obiettivo di ridurre drasticamente la povertà, anzitutto tra i giovani.

Non è finita qui: il pacchetto stanzia 123 miliardi per tamponi e produzione e distribuzione di vaccini, favorendo così non solo la tutela della salute, ma anche la riapertura completa delle attività economiche. Biden e il Congresso hanno anche stanziato circa 360 miliardi in aiuti a budget statali e locali, tra cui 176 miliardi per l’istruzione, 59 miliardi per piccole aziende e 56 miliardi per i trasporti. Per l’Fmi, il piano metterà il turbo all’economia Usa, e non solo: come ha spiegato l’istituto, il pacchetto di stimoli avrà «ricadute positive potenzialmente significative in termini di crescita globale». Detto ciò, il Pil statunitense potrebbe accelerare quest’anno al passo del 6,5%, stando alle previsioni Ocse.

I mercati, intanto, guardano anche alla Fed. Nei giorni scorsi il presidente dell’istituto, Jerome Powell, ha “promesso” che sarà mantenuta una politica accomodante per tutto il tempo necessario. Non è ancora il momento di cambiare rotta. Per questo la Federal Reserve ha deciso di lasciare i tassi fermi e confermare gli acquisti di titoli per 120 miliardi al mese, dei quali 80 destinati ai T-Bond. «La ripresa resta disomogenea ed è lungi dall’essere completa – ha sottolineato Powell – Il peggio per l’economia è stato evitato ma dal momento che il tasso di disoccupazione resta elevato nessuno deve compiacersi».

Passando all’Europa, sotto i riflettori dell’Ue c’è la digital tax. Il tema è stato discusso nel corso della settimana dall’Ecofin, l’assemblea dei ministri dell’economia e delle finanze di tutti gli Stati membri. Il suo presidente di turno, il portoghese Joao Leao, ha spiegato che l’Unione europea è ancora convinta che la soluzione migliore sulla tassazione dei giganti del web deve avvenire sulla base di un consenso a livello globale (come auspicato dall’Ocse). Soprattutto ora che l’amministrazione Usa è guidata da Joe Biden.  Tuttavia, Leao ha fatto una “promessa”: se non verrà trovato un accordo multilaterale, l’Ue procederà da sola con una soluzione esclusivamente europea.

Sul fronte bancario, la settimana scorsa la Banca centrale europea ha confermato la dotazione da 1.850 miliardi di euro per il Programma di acquisto di titoli anticrisi pandemica (PEPP). Anche l’Eurotower ha fatto la sua “promessa”: gli acquisti continueranno «almeno fino alla fine di marzo 2022 e, in ogni caso, fino a quando non giudicherà la crisi da coronavirus finita», si legge in una nota. Inoltre, «sulla base di una valutazione congiunta delle condizioni di finanziamento e delle prospettive di inflazione, il Consiglio direttivo prevede che gli acquisti nell’ambito del PEPP nel prossimo trimestre saranno effettuati a un ritmo notevolmente più elevato rispetto ai primi mesi di quest’anno».