Swiss Mirror – Un nuovo slancio per la sovranità digitale

In Europa si soffre della dipendenza da infrastrutture informatiche e servizi digitali forniti dalle big tech straniere, soprattutto statunitensi, alle quali si affidano la stragrande maggioranza dei dati, inclusi quelli sensibili e personali. Ma la Svizzera vuole poter offrire un’alternativa ai propri cittadini, alle proprie aziende e ai partner dell’UE, che si affiderebbero così a un Paese europeo seppur non membro diretto dell’Unione.

Parliamo dunque di “sovranità digitale”, una questione fondamentale per la sicurezza e la privacy, che è al centro di un’iniziativa del Consiglio federale, divenuta ancor più fondamentale con il mutato contesto internazionale che vede una tendenza all’isolamento degli USA di Trump.

Un ruolo fondamentale potrà essere giocato dall’AI Innovation Center che ha recentemente aperto i battenti nel complesso dello Switzerland Innovation Park Basel Area. Il centro è stato realizzato anche grazie alla collaborazione di due eccellenze elvetiche: Phoenix Technologies e ITNB, specializzate in infrastrutture informatiche, intelligenza artificiale e cloud computing.

«L’autodeterminazione digitale non è più un’opzione, è essenziale». Lo ha detto Patrick Geiser, direttore di Phoenix Technologies. Dunque, bisogna investire in sistemi nazionali con elevati livelli di sicurezza informatica.

Un collaboratore dell’AI Innovation Center ed esperto di cybersicurezza ha raccontato al Corriere del Ticino che la Confederazione stessa si affida ad AWS, la piattaforma cloud di Amazon. E benché funzioni su infrastrutture localizzate in Svizzera, bisogna tenere conto dell’U.S. CLOUD Act del 2018 (l’acronimo sta per Clarifying Lawful Overseas Use of Data) che «consente alle autorità inquirenti statunitensi di ottenere mandati di ingiunzione per costringere le aziende tecnologiche americane a fornire qualsiasi dato su cui abbiano controllo, ovunque sia fisicamente ubicato nel mondo».

In sostanza, la Confederazione «non è sovrana dei dati svizzeri custoditi in Svizzera sulle piattaforme cloud di Amazon, Google, Microsoft, Oracle ecc».

A questo fattore, si aggiunge il tema della cybersicurezza. Quest’anno Oracle ha subito un attacco informatico alla sua piattaforma cloud, da cui sono stati sottratti circa sei milioni di record, tra cui chiavi di sicurezza private dei clienti e credenziali crittografate. Ma si potrebbero fare altri esempi che riguardano molteplici società.

Matteo Brignoli, Business Development Officer di ITNB, ha detto al Corriere del Ticino che ci si può ancora affidare alle big tech, ma iniziando a fare delle valutazioni: «Dobbiamo chiederci se possiamo permetterci di perdere l’esclusivo possesso e controllo dei nostri dati aziendali e personali. Ci troviamo dunque ad avere la necessità di utilizzare strutture sovrane Svizzere. Nel caso nostro e dei nostri clienti, possiamo provare che i dati, gli strumenti e i modelli LLM (large language model, ndr) sono al 100% in Svizzera».

Ad oggi, anche i due politecnici federali sono dipendenti per determinati servizi dalle big tech, ma non vogliono esserlo in eterno. Infatti, per sviluppare nuove tecnologie 100% elvetiche, nel dicembre 2023 hanno lanciato la «Swiss AI Initiative», in collaborazione con altre università e con il Centro di calcolo scientifico svizzero dell’ETH a Lugano, dove a inizio 2024 è stato inaugurato il super calcolatore ALPS.

Si pensi che l’IRPA (Istituto di Ricerche sulla Pubblica Amministrazione, fondato dal giurista italiano Sabino Cassese) ha citato la Svizzera quale esempio per impegnarsi verso la cybersicurezza e la sovranità digitale. La Confederazione, infatti, incoraggia l’adozione di software open source nelle amministrazioni pubbliche e nel settore privato, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza da fornitori esterni e aumentare la trasparenza e la sicurezza dei sistemi informatici.

Il Paese sta inoltre investendo nelle infrastrutture digitali proprie, come data center e reti di comunicazione, per garantire il controllo sui dati e sulle comunicazioni critiche. Tutto questo senza cadere nell’isolamento: la Svizzera partecipa infatti a collaborazioni internazionali mirate, che le permettono di condividere conoscenze e risorse, ma senza intaccare la propria autonomia digitale.

L’IRPA è sicuro: «L’Europa deve seguire un percorso simile a quello svizzero, costruendo un ecosistema digitale resiliente e indipendente».