Swiss Mirror – Terre rare e competenze uniche

Un annuncio importante, ma che è passato un po’ in sordina. È quello che è capitato al Politecnico federale di Zurigo. Durante l’estate, infatti, l’ateneo ha annunciato che i suoi ricercatori hanno sviluppato un metodo per separare e recuperare l’europio, uno dei metalli delle terre rare, dalla polvere fluorescente delle lampade a risparmio energetico.

Parliamo di un’innovazione che potrebbe avere un impatto notevole, ma facciamo prima un passo indietro. Nelle cosiddette terre rare si trovano diciassette metalli come scandio, ittrio e, appunto, europio. Nomi che forse si sentono poco, ma che ormai sempre in tasca. Questi elementi si trovano infatti in oggetti di utilizzo quotidiano, tra cui gli smartphone: negli iPhone, per esempio, se ne contano ben sedici. E sono utilizzati anche per schermi piatti o componenti dei computer. Senza dimenticare che risultano fondamentali per il settore dell’energia sostenibile, in quanto necessari per la produzione di pannelli fotovoltaici e le turbine eoliche, ma potremmo fare molti altri esempi.

Nonostante il loro nome, queste terre non sono poi così rare. Il tema è che la loro estrazione e separazione sono processi estremamente complessi, costosi e dannosi per l’ambiente. Perciò possiamo capire che trovare nuovi modi per ottenere questi metalli è una sfida di primaria importanza.

La nuova tecnica ideata all’interno del Politecnico federale di Zurigo risiede nei tetratiometallati. In sostanza, si tratta di piccole molecole inorganiche composte da quattro atomi di zolfo attorno al tungsteno o al molibdeno. Grazie alle loro proprietà, è possibile ridurre l’europio al suo stato bivalente, facilitandone la separazione dagli altri metalli trivalenti.

Così c’è un approccio al riciclo: le lampade usate diventano una fonte di questo metallo, con un metodo che è molto più efficiente ed ecologico rispetto ai tradizionali processi di separazione. ‌ I processi di separazione esistenti si basano su centinaia di passaggi di estrazione liquido-liquido e sono inefficienti; perciò, il riciclo dell’europio è stato finora qualcosa di impraticabile. Ma con la nuova scoperta svizzera è possibile ottenere il metallo in pochi semplici passaggi e in quantità almeno 50 volte superiori rispetto ai metodi di separazione precedenti.

«I metalli delle terre rare non vengono quasi mai riciclati in Europa», ha detto Victor Mougel, professore presso il Laboratorio di Chimica Inorganica del Politecnico di Zurigo. «C’è un urgente bisogno di metodi sostenibili e non complicati per separare e recuperare queste materie prime strategiche da varie fonti», ha poi aggiunto.

Mougel e il suo team – tra cui spicca Marie Perrin, dottoranda e prima autrice dello studio per l’estrazione dell’europio – hanno brevettato la tecnologia e stanno avviando una startup, chiamata REEcover – Rare Earth Recovery and Separation, per commercializzarla. Gli esperti del Politecnico stanno anche lavorando per adattare il processo di separazione ad altri metalli delle terre rare, come il neodimio e il disprosio.

In Europa il tema è particolarmente delicato. Basti pensare che il Vecchio Continente dipende quasi totalmente dalle importazioni di terre rare dalla Cina, una dinamica poco gradita ai governi. Perciò la nuova invenzione Made in Zurigo può trovare terreno fertile e il favore delle autorità non solo nazionali, ma anche dell’UE.

Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, ha dichiarato in più occasioni che le terre rare saranno presto ancora più importanti del petrolio e del gas. Nel 2022 sottolineò che «il nostro fabbisogno di terre rare da solo aumenterà di cinque volte da qui al 2030 […] L’unico problema è che attualmente un solo Paese controlla la quasi totalità del mercato». Riferimento rivolto ovviamente alla Cina.

Secondo un’analisi (US Geological Survey) è stata stimata una produzione globale di terre rare di circa 350.000 tonnellate nel 2023, rispetto alle 300.000 tonnellate del 2022, con un aumento di oltre il 15%. La Cina si è piazzata al primo posto con quasi il 69% della produzione mineraria mondiale, seguita da Stati Uniti (12%), Birmania (11%), Australia (5%) e Thailandia (2%).

L’Europa ha bisogno di colmare il divario e le competenze e l’innovazione elvetiche, con la scoperta del Politecnico e i tanti altri progetti in corso, potrebbero dare un contributo notevole a tutto il Continente.