SWISS MIRROR – Credit Suisse e la resilienza elvetica
- 13 Ottobre 2022
- Posted by: VectorWM
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Il sistema bancario svizzero è una delle colonne portanti dell’economia nazionale, eppure non mancano alcune difficoltà. Sotto i riflettori ci sono ora le forti turbolenze di Credit Suisse, ma questo non vuol dire che tutto è perduto e, inoltre, è bene ricordare che la Confederazione ha dato prova a più riprese di essere resiliente alle situazioni complesse.
Andiamo con ordine: i dubbi sulla capitalizzazione e sulla strategia della banca hanno fatto impennare le quotazioni dei suoi credit default swap nei primi giorni di ottobre. E anche il titolo in Borsa sta vivendo delle difficoltà, tanto che il gruppo è stato paragonato a Lehman Brothers. Ma c’è anche chi rifiuta categoricamente tale paragone.
Tra gli “ottimisti” c’è l’esperto bancario svizzero Peter Kunz, professore di diritto dell’economia all’Università di Berna. Recentemente, in un’intervista all’agenzia di stampa finanziaria Awp, il prof. ha parlato con fiducia del secondo gruppo bancario svizzero.
Secondo l’esperto, l’andamento del corso delle azioni non riflette la solidità finanziaria dell’istituto, ma piuttosto è la manifestazione di un problema comunicativo: serve tempo per la revisione completa della strategia e per spiegarla all’esterno. E anche nel peggiore degli scenari, la Confederazione, tramite la Banca Nazionale Svizzera, non esiterebbe a un salvataggio, come avvenne per UBS nel 2008.
È “ottimista” anche Oddo Bhf, gestore di Asset Management, che in un commento (riportato sempre da Awp) sostiene che il Cet1 ratio di Credit Suisse – ossia il coefficiente di liquidità che contribuisce alla valutazione della solidità finanziaria – è paragonabile a quello di altre banche come HSBC o BNP Paribas.
Adesso gli operatori hanno cerchiato sul calendario la data del 27 ottobre, ovvero il giorno in cui verrà presentato il piano di ristrutturazione e ricapitalizzazione di Credit Suisse. L’obiettivo principale sarà ritrovare la piena credibilità dopo scelte azzardate e i conseguenti danni d’immagine. Solo per fare un esempio, si pensi all’ingresso nel fondo di hedge funds, poi divenuto insolvente, Archegos Capital, costato 5 miliardi di dollari.
Quattrodici anni fa, proprio nel mese di ottobre, anche UBS si era trovata in serie difficoltà. Certo, la situazione era diversa: quest’ultima pagava infatti una strategia d’espansione nel settore dell’investment banking correlata ai mutui ipotecari subprime americani. Tuttavia, ci fa capire come l’ecosistema elvetico sia in grado di uscire anche dalle crisi peggiori.
Nel 2008, poco tempo dopo il crollo di Lehman Brothers, UBS si ritrovò con un disavanzo di 20 miliardi di franchi come conseguenza della perdita di 40 miliardi di attivi persi con i subprime. Lo Stato però fu pronto per intervenire senza esitazioni: governo e BNS annunciarono un programma di aiuti ad hoc. Sei miliardi di franchi vennero erogati dalla Confederazione al tasso del 12,5 % e 54 miliardi dalla Banca Nazionale Svizzera. I soldi vennero poi restituiti, con un guadagno da interessi per 1,2 miliardi.
La Confederazione, che aveva inoltre acquisito una partecipazione in UBS, fu in grado di uscirne già nel 2009. Mentre la Banca centrale riuscì, tramite una società veicolo costituita per il salvataggio (chiamata SNB Stabfund, fondo di stabilizzazione della BNS), a vendere a condizioni vantaggiose gli asset rilevati, grazie all’intermediazione della società di gestione Northern Trust. In questo caso, il guadagno arrivò a circa 5 miliardi di franchi.
Nel 2008, UBS e Credit Suisse detenevano il 60% dell’intero mercato dei crediti alle imprese elvetiche. Una quota che oggi si è ridotta al 45%, secondo i dati della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie. Una mole che potrebbe comunque impattare sul sistema economico svizzero, nel caso in cui uno dei due istituti riscontrasse pesanti difficoltà di finanziamento.
Andrea Maechler, che fa parte del consiglio di amministrazione della BNS, ha recentemente detto poche parole, ma chiare: «Stiamo monitorando la situazione. Stanno lavorando [in riferimento a Credit Suisse, ndr] a una strategia» che sarà pronta per fine ottobre. Pertanto, se da un lato è vero che la situazione è estremamente delicata, dall’altro sappiamo che la Confederazione è in grado di reggere agli urti e che la Banca Nazionale Svizzera è pronta per intervenire, in caso di necessità.