Siamo tutti negoziatori

«Sei un negoziatore, piaccia o no. La negoziazione è un fatto della vita.»

Citazione tratta da Getting to Yes, di Roger Fisher e William Ury

 

Siamo tutti un po’ negoziatori: capita a chiunque di dover discutere, trattare e arrivare a un accordo. Come scrivono Fisher e Ury, «la negoziazione è un fatto della vita». E in questo momento, dal punto di vista commerciale, è soprattutto un fatto della vita degli Stati Uniti, che hanno in corso trattative con diversi Paesi.

La novità più rilevante, al momento, riguarda le trattative con la Cina. I funzionari delle due superpotenze hanno dichiarato martedì di aver raggiunto un accordo quadro, un passo in avanti che però non è ancora quella risoluzione duratura delle tensioni commerciali in cui i mercati sperano.

Al termine degli ultimi, intensi, negoziati a Londra, il Segretario al Commercio statunitense, Howard Lutnick, ha dichiarato ai giornalisti che l’accordo quadro mette «carne sulle ossa» di un pre-accordo raggiunto il mese scorso a Ginevra, necessario per ridurre le tariffe bilaterali di ritorsione che avevano raggiunto livelli schiaccianti a tre cifre.

Ma l’intesa preliminare ha vacillato a causa delle continue restrizioni della Cina sulle esportazioni di minerali critici, spingendo l’amministrazione Trump a rispondere con controlli sulle esportazioni verso la Cina relative a semiconduttori e altri beni.

Lutnick ha fatto sapere che l’accordo raggiunto a Londra eliminerà le restrizioni alle esportazioni cinesi di minerali di terre rare e magneti (fondamentali per chip, automotive e difesa) e alcune delle recenti restrizioni all’export statunitense, anche se molti dettagli non sono ancora noti.

Ora spetta ai presidenti delle due superpotenze approvare l’ultima intesa per procedere all’attuazione. Il rapporto tra le due maggiori economie mondiali è «eccellente», ha scritto Donald Trump in un post su Truth Social, aggiungendo: «STIAMO OTTENENDO UN TOTALE DEL 55% DI DAZI, LA CINA IL 10%»,

Ha poi aggiunto che magneti e «qualsiasi terra rara necessaria» saranno forniti in anticipo dalla Cina, e che in cambio gli Stati Uniti faranno alcune concessioni, come permettere agli studenti cinesi di frequentare college e università americane.

Trump ha infine sottolineato di voler collaborare strettamente con il suo omologo Xi Jinping per aprire gli scambi commerciali in maniera più incisiva, definendo la prospettiva come «una grande VITTORIA per entrambi i Paesi!!!».

Pechino ad oggi è il leader indiscusso nella catena di approvvigionamento di minerali critici, producendo circa il 60% dell’offerta mondiale di terre rare e processandone quasi il 90%, il che significa che importa questi materiali da altri Paesi per poi lavorarli.

Funzionari statunitensi hanno più volte avvertito che questo predominio rappresenta una sfida strategica anche nel contesto della transizione verso fonti energetiche più sostenibili.

Il Segretario all’Energia degli Stati Uniti, Jennifer Granholm, ha dichiarato che il Paese è «molto preoccupato» per la presa della Cina sulla catena di approvvigionamento globale di minerali critici, soprattutto considerando che la domanda di minerali e materie prime vitali per la transizione green è alle stelle. L’uso finale di metalli come il nichel, il rame, il litio e il cobalto è molto ampio e comprende veicoli elettrici, turbine eoliche e pannelli solari.

Il ricorso ai dazi è però una contromisura discutibile e la speranza è che l’intesa USA-Cina possa diventare effettiva con tempistiche relativamente rapide. Ad oggi, le «politiche tariffarie mutevoli del Presidente degli Stati Uniti» hanno messo «in subbuglio i mercati globali, hanno creato congestione e confusione nei principali porti e sono costate alle aziende decine di miliardi di dollari in termini di mancate vendite e costi più elevati», ha scritto Reuters.

Difatti, questa settimana, la Banca Mondiale ha ridotto di quattro decimi di punto percentuale le previsioni di crescita globale per il 2025, portandole al 2,3%, affermando che l’aumento dei dazi e l’aumento dell’incertezza rappresentano un «significativo vento contrario» per quasi tutte le economie.

Se l’accordo di Londra venisse ratificato, si potrebbe cambiare la rotta, almeno in parte. Charu Chanana, Chief Investment Strategist di Saxo, ha detto che «i mercati probabilmente accoglieranno con favore il passaggio dal confronto al coordinamento. Tuttavia, non essendo previsti altri incontri, non siamo ancora fuori pericolo. Il prossimo passo dipenderà dall’approvazione e dall’applicazione del quadro proposto da parte di Trump e Xi».