Senza paura

«La paura fa correre, correre fa sbagliare.»

Citazione tratta da La fine del mondo storto, di Mauro Corona

 

«La paura fa correre, correre fa sbagliare». Le parole dello scrittore e alpinista Mauro Corona ci dicono qualcosa di vero anche sui mercati. Chi nel 2024 si è fatto prendere dalla paura, magari correndo verso disinvestimenti affrettati, probabilmente col senno di poi non rifarebbe le stesse scelte.

Nonostante le questioni geopolitiche, i dubbi sull’andamento dell’inflazione e le preoccupazioni per la debole crescita economica di alcune aree, i principali indici dell’occidente hanno registrato performance positive.

Lo scorso anno, Wall Street è stata la più dinamica, con l’intelligenza artificiale che ha trainato il NASDAQ Composite, salito del 28,6%. Mentre l’S&P500 è balzato del 23,3% e il Dow Jones Industrial del 13%. In Europa, l’EuroStoxx50 ha registrato un rialzo sui dodici mesi del 9%.

Adesso il tema è cosa aspettarsi dal 2025. Gli analisti hanno – come sempre – ipotizzato i probabili scenari che affronteremo.

Focus sugli Stati Uniti. Donald Trump ha promesso la deregolamentazione dei mercati e l’introduzione di una politica fiscale favorevole alle imprese. Questi propositi hanno influenzato positivamente le Borse e dovrebbero continuare a farlo man mano che le promesse verranno rispettate. In particolare, potrebbe sorprendere l’andamento del Russell 2000, l’indice che include le piccole e medie imprese quotate a Wall Street, che sarebbero le più favorite dagli sgravi fiscali.

Destano invece preoccupazioni le politiche sui dazi, con il rischio di aprire guerre commerciali negative per le economie (compresa quella degli States) e i mercati. Gli annunci di Trump sono noti: con il suo insediamento arriveranno tariffe generalizzate sulle merci provenienti da Cina, Canada, Messico ed Europa. Più difficile è capire la precisa entità delle aliquote e il momento in cui le stesse entreranno in vigore.
 
Con l’introduzione dei dazi americani è normale aspettarsi l’imposizione di dazi di ritorsione, da parte dei Paesi colpiti, causando così danni alle aziende che si riforniscono delle materie prime importate. E colpendo anche i consumatori, poiché a catena i prezzi salirebbero alla vendita finale B2C. Si aprirebbe così (purtroppo) un nuovo trend inflazionistico.
 
Secondo il World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale, l’imposizione di dazi del 10% fra USA, Europa e Cina potrebbe portare ad una riduzione del Pil globale di circa lo 0,6% nel 2027.

Nell’Unione Europea, le tariffe potrebbero gravare soprattutto su quei Paesi, come l’Italia e la Germania, che negli ultimi anni hanno intensificato le relazioni commerciali con gli Stati Uniti. Nel Vecchio Continente un’altra tegola da considerare è la debolezza della manifattura della zona Euro, uno scenario emerso dagli ultimi dati macro. Una guerra commerciale è l’ultima cosa che serve.

A valle di tale scenario, come si comporteranno le banche centrali?

Durante l’ultima riunione dello scorso dicembre, la FED ha abbassato il costo del denaro di 25 punti base al 4,25-4,50%, come previsto dal consensus. Tuttavia, nel 2025 sono attesi al momento solo due tagli, per un totale dello 0,50%: in sostanza, la banca centrale americana sarà più cauta nell’allentamento rispetto alle aspettative iniziali.

Su questo approccio pesa anche la politica tariffaria di Trump che, come anticipato, potrebbe favorire un aumento generalizzato dei prezzi. Inoltre, Jerome Powell, numero uno della FED, ha dichiarato che l’inflazione, pur essendo diminuita, è ancora lontana dall’obiettivo del 2%, che dovrebbe essere raggiunto verso la fine del 2026.

Discorso diverso per la BCE: poiché in Europa l’economia è debole, l’istituto è meno propenso a politiche troppo restrittive. Dall’altro lato, non si può dimenticare dell’inflazione, la quale sembra però più gestibile nel Vecchio Continente. Nella conferenza stampa di dicembre, la presidente Christine Lagarde ha precisato che l’obiettivo di un’inflazione al 2% è raggiungibile e che l’istituto deciderà di volta in volta, sulla base dei dati, come procedere con i tagli.

Anche nel 2025, infine, conflitti e geopolitica saranno elementi fondamentali. Ucraina e medio-oriente restano le aree più critiche.