Quel che si fa e quel che si fa credere

«In questo nostro mondo non conta quel che si fa, importa più quel che si riesce a far credere alla gente di aver fatto.»

Citazione tratta da Uno studio in rosso, di Sir Arthur Conan Doyle

 

È vero ciò che scrive Sir Arthur Conan Doyle ne Uno studio in rosso: nel «nostro mondo non conta quel che si fa, importa più quel che si riesce a far credere alla gente di aver fatto». Ma per fortuna arriva anche un momento in cui vengono a galla i risultati concreti di ciò che si è fatto, in cui bisogna confrontarsi con dati oggettivi. Ed è il caso delle stagioni delle trimestrali, i periodi attesi dai mercati per guardare ai numeri, dai quali non si scappa.

Negli States, durante la settimana, Jp Morgan Chase e Goldman Sachs sono state tra le prime grandi banche americane a presentare i risultati del secondo trimestre, con un significativo aumento dell’utile. Nel dettaglio, Jp Morgan ha conseguito un utile netto di 11,95 miliardi di dollari, ovvero 3,78 dollari ad azione, contro i 4,69 miliardi generati nello stesso periodo del 2020, quando a pesare sul bilancio erano stati gli accantonamenti per la recessione innescata dalla pandemia di Covid-19. I numeri della banca hanno sorpreso positivamente gli analisti che avevano previsto un utile di 3,2 dollari ad azione. Dall’altro lato, è tuttavia diminuito il fatturato: Jp Morgan ha registrato una flessione dell’8% a 30,48 miliardi di dollari rispetto ai 33,08 miliardi generati nel medesimo periodo dello scorso anno. Perché questa differenza? È possibile attribuire i risultati di utile e fatturato al particolare contesto economico che ha caratterizzato il secondo trimestre del 2020; allora, Jp Morgan aveva accantonato 10,47 miliardi di dollari per prepararsi a un’ondata di inadempienze sui prestiti. Nel trimestre appena concluso, invece, la banca ha continuato a ridurre le riserve per perdite su prestiti pandemici, rilasciando altri 3 miliardi di dollari e rafforzando gli utili.

Passiamo dunque al dettaglio di Goldman Sachs, che nel secondo trimestre ha beneficiato della ripresa dell’economia, che ha dato nuova forza a molti dei bilanci delle aziende di Wall Street. L’istituto di credito statunitense ha riportato un utile di 5,49 miliardi di dollari, pari a 15,02 dollari per azione, su un fatturato di 15,39 miliardi. Entrambi i risultati mostrano un importante aumento rispetto al 2020 e hanno battuto le previsioni degli analisti, che avevano stimato un utile di 10,25 dollari per azione. La crescita economica di questa primavera, unita alle campagne di vaccinazione per il Covid-19 e alle riaperture delle attività (con tanto di aumento delle assunzioni) hanno dato vigore agli accordi delle banche. Goldman Sachs, in particolare, ha seguito come advisor alcune operazioni di alto profilo, come la fusione di Warner Media con Discovery, la vendita di Medline Industries a un consorzio di società di private equity e l’acquisizione da 16 miliardi di dollari di Nuance Communications da parte di Microsoft.

Dall’inizio del 2021, le azioni dell’istituto sono aumentate di oltre il 40%, toccando il massimo storico di 391,45 dollari a giugno. Il mese scorso, inoltre, Goldman ha alzato il dividendo per i suoi azionisti, da 1,25 a 2 dollari per azione.

In Europa, nel frattempo, le autorità continuano a ribadire l’intenzione di creare un sistema fiscale più trasparente, volto a contrastare le pratiche di elusione delle grandi multinazionali. Lo stanno facendo credere o lo stanno facendo veramente? Di una cosa siamo certi: l’iter sulla digital tax europea è stato congelato momentaneamente, grazie all’accordo sull’aliquota fiscale minima per le società raggiunto nel fine settimana durante il G20. L’annuncio è arrivato in concomitanza con la visita a Bruxelles del segretario al Tesoro statunitense, Janet Yellen, per incontrare i ministri delle Finanze dell’Unione e i membri della Commissione. In particolare, sabato, durante l’incontro dei “grandi venti” a Venezia sotto la presidenza italiana, è stata raggiunta un’intesa (definita storica da più parti) su un’architettura fiscale internazionale più giusta con un’imposta di almeno il 15% sui benefici delle multinazionali.

L’accordo, che potrebbe generare 150 miliardi di dollari di gettito all’anno a livello mondiale, prevede inoltre che i proventi della tassazione vengano distribuiti più equamente tra i Paesi ed entro ottobre andranno definiti ulteriori dettagli.