Ottimismo e pessimismo

«Per Bobbio il pessimismo era un dovere: era una scelta consapevole che egli rivendicava come una prova di responsabilità e di rigore intellettuale. Ricordo una sua frase emblematica: “Non dico che tutti gli ottimisti siano fatui. Ma certamente tutti i fatui sono ottimisti”»

Citazione tratta da Tramonto globale: la fame, il patibolo, la guerra, di Danilo Zolo

 

Se per Norberto Bobbio «il pessimismo era un dovere» e «una scelta consapevole» che «rivendicava come una prova di responsabilità e di rigore intellettuale», non si può dire lo stesso per il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. L’inquilino della Casa Bianca ci ha abituati a svariate dichiarazioni dense di ottimismo, come quelle rilasciate questa settimana in Svizzera, a margine del Forum di Davos: «L’America sta assistendo ad un boom economico mai visto in precedenza». E l’entusiasmo non si ferma qui, perché per Trump gli USA hanno «concluso accordi straordinari sul commercio con la Cina da una parte, e Messico e Canada dall’altra, i migliori accordi di sempre» i cui effetti si vedranno nel corso dell’anno. Ma è un ottimismo concreto o un ottimismo fatuo? L’economia americana è sicuramente in buona salute, mentre dal punto di vista dei trattati bisogna moderare i trionfalismi, soprattutto sul versante asiatico; con Pechino è stata firmata la cosiddetta “fase uno”, e ora bisogna vedere come procederanno i negoziati per arrivare a un’intesa più organica.

Nel frattempo, guardando alla crescita globale, l’ottimismo aumenta nel sentiment dei gestori. Secondo un sondaggio di Bank of America, che ha intervistato 249 persone con 739 miliardi di dollari di attività gestite, i manager hanno espresso fiducia sulle prospettive mantenendo basse le posizioni di liquidità. In particolare, le aspettative di crescita globale sono aumentate di 7 punti percentuali al 36%, anche grazie al fatto che le due principali banche centrali, FED e BCE, rimarranno accomodanti per tutto il 2020.

A essere un po’ meno ottimista è il Fondo Monetario Internazionale, che ha tagliato le stime di crescita globale, riducendo le aspettative per il 2021. L’organizzazione, nel recente aggiornamento del World Economic Outlook, ha previsto un’espansione dell’economia mondiale pari a +3,3% nel 2020 e +3,4% per il 2021, rispettivamente 0,1 e 0,2 punti percentuali in meno rispetto alle precedenti stime. La revisione al ribasso – spiega l’FMI – riflette le «sorprese negative» di alcuni Paesi emergenti, come l’India. Inoltre, tra i rischi ci sono le «crescenti tensioni geopolitiche, soprattutto fra Stati Uniti e Iran, che potrebbero creare problemi alle forniture di petrolio. Ma anche l’intensificarsi delle tensioni sociali in varie nazioni. Così il Fondo ha invitato gli Stati a puntare sulla «cooperazione multilaterale» sia in campo commerciale che tecnologico. E la collaborazione è necessaria anche per ridurre le emissioni di gas serra e per limitare l’aumento delle temperature globali.

In Cina, sotto i riflettori, c’è il coronavirus, che può causare malattie negli animali e negli esseri umani (tra cui polmoniti aggressive) e portare alla morte. Secondo alcuni analisti, il diffondersi di questo virus, che – stando ai dati delle fonti locali – ha già causato più di 15 decessi e oltre 600 contagi, ha influito sui ribassi dei listini asiatici di questa settimana. L’origine della diffusione è stata individuata in un mercato del pesce e del pollame a Wuhan, città con 11 milioni di abitanti. Inoltre, aumenta la preoccupazione che questo virus possa espandersi fuori dai confini nazionali: una persona contagiata è stata identificata negli Stati Uniti. È un uomo di 30 anni di Everett (Stato di Washington) che è stato recentemente a Wuhan. Altri casi sono stati individuati anche a Taiwan, in Giappone, in Thailandia e in Corea del Sud. La Cina ha annunciato misure severe per contenere il virus, come il monitoraggio dei trasporti.

Dal punto di vista macroeconomico, nel quarto trimestre 2019, il PIL della superpotenza asiatica è cresciuto del 6% anno su anno, rimanendo invece invariato rispetto ai tre mesi precedenti (dati dell’Agenzia nazionale di statistica). Facendo un focus su dicembre, si nota un aumento del 6,9% della produzione industriale su base annua, in accelerazione rispetto al +6,2% di novembre. Una lettura che ha battuto il consenso del +5,9% espresso dagli economisti contattati dal Wall Street Journal.