OPEC+ e transizione green

«Una politica di limitazione delle emissioni di CO2 può portare a un deciso aumento dell’efficienza energetica e dell’innovazione tecnologica, creando così posti di lavoro verde e migliorando la competitività economica globale»

Citazione tratta da The Economics of Climate Change: The Stern Review, di Nicholas Stern

 

La recente decisione di tagliare la produzione da parte dell’OPEC+ ha creato un po’ di scompiglio. Infatti, in questo momento storico, l’aumento del prezzo del petrolio è visto come un elemento di particolare tensione in termini inflattivi. Tuttavia, la mossa del cartello dei produttori rappresenta un ulteriore motivo per accelerare la decarbonizzazione e la «politica di limitazione delle emissioni di CO2», favorendo, come ricorda Nicholas Stern, «un deciso aumento dell’efficienza energetica e dell’innovazione tecnologica».

È una posizione sostenuta anche dal commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton. Il politico, commentando la decisione dell’OPEC+, ha infatti dichiarato: «Coloro che controllano i combustibili fossili stanno giocando. Vedono che i prezzi stanno scendendo perché la domanda sta diminuendo, e allora producono di meno per aumentare i prezzi». Aggiungendo che questa decisione «dimostra che si tratta di un mercato artificiale» e che «è urgente muoversi verso l’autonomia energetica, anche con il nucleare», accelerando i processi di decarbonizzazione.

Una dinamica che apre a nuove opportunità per i gestori di portafogli. Certo, gli investimenti green non sono una novità, anche perché l’Europa ha intrapreso il cammino verso un futuro a basse emissioni di carbonio da oltre un decennio. Ma la strategia va continuamente riadattata in base alle evoluzioni degli scenari.

Tra le iniziative più significative da monitorare vi sono il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), la cosiddetta ‘carbon tax’ e l’European Union Emissions Trading System (ETS). Quale sarà l’impatto delle politiche green UE (e delle altre nazioni) sulle valutazioni corporate e in ambito fixed income?

Gli esperti sostengono innanzitutto che bisogna modulare la strategia di allocazione degli asset per Paese, ma anche per settore. Inoltre, è altamente consigliabile bilanciare tutti i fattori di rischio: per esempio, se viene inclusa nel portafoglio una soluzione sostenibile dal punto di vista climatico, va valutata attentamente l’esposizione (in particolare, quanto sia underweight oppure overweight rispetto agli indici di mercato). Naturalmente, ogni decisione va effettuata nel rispetto delle esigenze dei clienti, ognuno con le sue priorità e le preferenze.

Il timing, in ogni caso, resta e resterà un elemento fondamentale. Sul lungo termine, pensando agli obiettivi internazionali di sostenibilità al 2050, è logico che le imprese che non si adatteranno ai cambiamenti non possono rappresentare un investimento vincente. Per questo sempre più gestori, nella costruzione dei portafogli, valutano le emissioni Scope – 1 (dirette), 2 (da energia acquistata) e 3 (indirette) – nonché i target di decarbonizzazione delle aziende.

Si deve però vagliare rigorosamente la credibilità di questi obiettivi, magari confrontandoli con il percorso storico delle emissioni. L’analisi di tali sottostanti consente infatti di valutare i rischi diretti di transizione di una società (ma anche i rischi associati). Questa dinamica è utile sia in ambito azionario che obbligazionario, se si vuole investire in aziende che abbiano chiare strategie di decarbonizzazione. E che quindi saranno in grado di beneficiare della transizione green.

Parlando di finanza e sostenibilità, non si può non citare Net Zero Asset Managers (NZAM), un gruppo internazionale di gestori patrimoniali – con circa 59 trilioni di dollari di asset in gestione – che promuove strategie ESG, in linea con l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. Tra i sostenitori dell’iniziativa ci sono diversi player di alto profilo (ad esempio UBS).

Mindy Lubber, partner di NZAM e presidente dell’organizzazione green Ceres, ha spiegato che «i gestori patrimoniali di tutto il mondo si sono impegnati a sostenere l’allineamento dei loro investimenti e dei loro portafogli con un futuro a zero emissioni». Sottolineando che «i flussi di capitale si stanno gradualmente spostando verso» soluzioni ecosostenibili.

Insomma, sempre più player finanziari puntano sulle aziende che abbracciano la decarbonizzazione, «creando così – come scrive Nicholas Stern – posti di lavoro verde e migliorando la competitività economica globale». Dal punto di vista dei rendimenti, secondo molti osservatori, l’integrazione dei parametri ESG nella gestione dell’investimento può portare, a parità di rischio, a migliori performance.