Non dobbiamo temere la paura in sé

«Noi esseri umani non dobbiamo temere la paura in sé. La paura esiste, è vero. Si mostra prendendo forme diverse, e a volte opprime la nostra vita.»

Citazione tratta da I salici ciechi e la donna addormentata, di Haruki Murakami

 

«La paura esiste, è vero». E in questo momento sta condizionando i mercati, preoccupati dal rapido incremento dei contagi da Covid-19 nel mondo. Tuttavia, come scrive Murakami, i mercati – così come gli esseri umani – non devono «temere la paura in sé», lasciandosi prendere dal panico. Indubbiamente la situazione è molto delicata, e le restrizioni che diversi governi stanno varando per il contenimento della pandemia avranno un impatto economico. Tuttavia, bisogna affrontare la paura dettata da questa situazione e guardare anche ai segnali positivi. Si pensi al fatto che, nonostante i ribassi delle Borse, i titoli delle società impegnate nella ricerca di un vaccino sono in controtendenza. Significa che, oltre alla paura, è viva anche la speranza che il progresso scientifico possa portare a una soluzione per sconfiggere il virus.

Con tutte le dovute cautele del caso, Ursula Von Der Leyen, presidente della Commissione Ue, in questi giorni ha spiegato che – nella migliore delle ipotesi – «se tutti i candidati che abbiamo per la produzione dei vaccini avessero successo, nel 2021 avremmo 1 miliardo e 220 milioni di vaccini. Ma anche se tutti i candidati non dovessero riuscire, potremmo vaccinare 700 milioni di persone». Von Der Leyen ha tuttavia sottolineato che non si tratta di una «soluzione miracolosa che cambia tutto da un giorno all’altro» e che «ci vorrà tempo, ed è importante comunicarlo con sufficiente anticipo, perché un vaccino venga testato in modo che si accerti che è efficace e sicuro».

Dal punto di vista macro, in Europa ci sono novità dalla prima economia del Continente. Sono infatti stati pubblicati i dati dell’indice IFO relativi alla Germania, che evidenzia la fiducia delle aziende circa le prospettive future. Nel mese di ottobre è sceso a 92,7 punti, una cifra inferiore alle attese (93) e al precedente risultato (93,2); anche in questo caso si fa sentire un po’ di paura sul futuro impatto delle nuove restrizioni. È invece positivo l’indice di valutazione dell’attuale situazione tedesca, che ha registrato un aumento a 90,3 punti, contro i precedenti 89,2 e sopra le previsioni di 89,8.

Una buona notizia arriva dal settore bancario. Deutsche Bank ha chiuso il terzo trimestre 2020 in utile, confermando di essere sulla strada giusta per raggiungere gli obiettivi finanziari e strategici relativi al piano di ristrutturazione. In particolare, il gruppo tedesco ha realizzato ricavi per 5,938 miliardi di euro contro i 5,262 miliardi del 2019, e il risultato netto si è attestato a 309 milioni (contro la perdita per 832 milioni dell’anno scorso).

Anche sul fronte Brexit «la paura esiste, è vero». Preoccupa soprattutto la possibilità di No Deal vista l’attuale immobilità dei negoziati. La data limite, ovvero il 31 dicembre, si avvicina: Londra e Bruxelles devono fare presto e trovare un’intesa. Nel corso della settimana, uno dei portavoce della Commissione europea ha fatto sapere che «entrambe le parti sono impegnate intensamente».

Passando agli Stati Uniti, prosegue l’impasse tra Democratici e Repubblicani circa il piano di stimoli per l’economia, nonostante i ripetuti richiami della Federal Reserve. La paura di molti osservatori è chiara: sarà particolarmente difficile vedere un accordo prima delle elezioni presidenziali del 3 novembre. Non manca molto, ma questo non significa che il giorno dopo le urne verrà varato il piano di stimoli in automatico. In poche parole: meno si aspetta, meglio è.

Relativamente alle elezioni, gli investitori guardano al possibile esito e agli scenari futuri, soprattutto considerando che i programmi di Donald Trump e Joe Biden sono totalmente opposti. Basti pensare al mercato energetico: il Repubblicano mira a favorire il settore petrolifero nazionale, mentre il Democratico punta sulla transizione green. Ad oggi i sondaggi danno vincente Biden, ma è sempre meglio non dare nulla per scontato.

A livello macro, questa settimana, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti (Bureau of the Census) ha pubblicato i dati relativi ai beni durevoli americani a settembre. Gli ordini hanno evidenziato un incremento dell’1,9% dopo il +0,4% di agosto (rivisto da +0,5%). Il dato “core”, ossia al netto del settore trasporti, indica una crescita dello 0,8% rispetto al +1% del mese precedente (rivisto da +0,6%) e al +0,4% del consensus.