L’isola del Tesoro

“Eravamo entrati nella zona degli alisei per prendere il vento dell’isola che dovevamo raggiungere (non mi è concesso spiegarmi meglio) e correvamo verso di essa facendo buona guardia giorno e notte. Era all’incirca l’ultimo giorno del nostro viaggio di andata, volendo fare il calcolo più abbondante; durante la notte, o al più tardi domani mattina, avremmo potuto avvistare l’Isola del Tesoro. Navigammo con la prua a sud-sud-ovest con una brezza costante di traverso e mare calmo” .

Da L’Isola del Tesoro di Robert Louis Stevenson.

 

Nessuna ricerca può prescindere dal porsi delle domande. Il problema è scegliere gli interrogativi giusti. In caso contrario, si rischia di girare a vuoto, di partire senza orientamento, perdendosi per strada. Per selezionare con cura bisogna prima tagliare, sfrondare, ripulire solo dopo si può giungere al cuore della ricerca. Nell’Isola del Tesoro è tutto più semplice: si parte da una mappa. Per i mercati le mappe del Tesoro non esistono, o meglio, bisogna saper cercare, interpretare, leggere i segnali, i dati e i bilanci.

Il 2017 per gli investitori sarà l’anno dello stock picking. Lo stesso vale per bond e valute. Le banche centrali stanno lasciando il loro ruolo da protagoniste. Non saranno più loro a tracciare la rotta. Ma questo implica un cambiamento profondo per gli operatori. Fed, Bce, Banca Centrale del Giappone, della Cina e Banca d’Inghilterra quando intervengono elargiscono benefici a pioggia e sono in grado di muovere un intero mercato. Nel 2016 i mercati si sono mossi in scia alle loro politica. Dal 2017 sarà tutto diverso.

Ora tocca ai singoli Stati e alle singole aziende decidere il loro futuro. Molti osservatori sostengono che una nuova era è iniziata: sarà la politica fiscale a prendere il posto delle banche centrali. Difficile credere che avranno lo stesso peso. Ma questa è la domanda sbagliata da porsi per la nostra ricerca. L’interrogativo corretto è se gli effetti si propagheranno allo stesso modo su tutte le aziende e/o asset di investimento. Gli stimoli fiscali in genere sono molto selettivi. L’interrogativo da porsi è quali saranno i maggiori beneficiari, che siano società, bond o valute.

In Usa il presidente eletto Donald Trump, promette un forte taglio delle imposte alle aziende.  I principali indici americani sono ai massimi, soprattutto le blue chips. Ma il beneficio maggiore di una riduzione delle imposte lo avranno le small cap. Si stima che l’aliquota media pagata dalle imprese che compongono l’indice Russell 2000 (rappresentativo delle piccole americane) sia pari al 32% contro il 26% di quelle dell’S&P500. Più grandi sono le società e più hanno già ottimizzato la loro struttura fiscale tramite controllate estere.

Ancora in Usa le piccole aziende beneficeranno in modo maggiore del protezionismo Usa perché la loro esposizione è concentrata sul mercato domestico. I ricavi esteri delle imprese dell’S&P500 raggiungono il 31% contro il 19% del Russell 2000.

L’altro interrogativo riguarda gli effetti del superdollaro. Decisamente non aiuta le società Usa che esportano, vedi blue chip mentre sono più al riparo le piccole e medie. Ne approfittano le europee.

Queste sono solo alcune delle domande a cui analisti e gestori dovranno rispondere. Gli altri quesiti riguardano i riflessi sui dazi, in particolare per i produttori di beni di consumo e di auto, presenti in Messico, per le società cinesi o per quelle Usa che hanno delocalizzato nel Paese della grande Muraglia. L’altro interrogativo è come funzionerà lo smantellamento dell’Obama Care, l’accesso alla sanità dei meno abbienti? Quali aziende farmaceutiche ne beneficeranno? Per chi come noi ha passione per i mercati, a chi piace spulciare i bilanci, mettere a nudo le società, evidenziare punti di forza e di debolezza, il 2017 offrirà pane per i suoi denti. Significa prepararsi a lunghe nottate, aspettare i dettagli sulle politiche fiscali e declinarle per ogni società, non sarà facile ma è affascinante. Lo stesso vale per l’analisi delle strategie aziendali. La domanda da porsi è legata a quali società sapranno crescere di più. Una riposta arriva dalla lista stilata da The Boston Consulting Group: sui maggiori innovatori mondiali dove non compare nessuna azienda europea tra le top10. Dominano le americane.

 

La lezione cinese…

 

“Perseguire il protezionismo è come chiudersi dentro una stanza buia. Vento e pioggia possono pure restare fuori, ma resteranno fuori anche la luce e l’aria. Nessuno uscirebbe vincitore da una guerra commerciale”. La lezione arriva, guarda caso, dal presidente cinese Xi Jinping, per la prima volta al 47° forum di Davos. La Cina, uno dei mercati più chiusi al mondo, è preoccupata dei dazi americani. A sventolare il protezionismo è anche Theresa May. Le parole del premier britannico sull’Hard Brexit hanno però messo in evidenza la vulnerabilità degli inglesi all’uscita del Mercato Unico. La May ha chiesto un nuovo accordo di libero scambio. Immediata la reazione della sterlina che recupera sull’euro. Anche le elezioni tedesche, francesi e probabilmente italiane rischiano di giocarsi sui proclami protezionistici.

Al di là delle parole bisognerà focalizzarsi sulla realtà. E i fatti parlano chiaro. Ogni anno ci sono società, valute o bond che offrono rendimenti interessanti, come a ricordarci che non esiste una mappa del Tesoro dei mercati ma il Tesoro c’è e bisogna saperlo scovare.