L’esperienza e l’umiltà

“Capita alle persone veramente sapienti quello che capita alle spighe di grano: si levano e alzano la testa dritta e fiera finché sono vuote, ma quando sono piene di chicchi cominciano a umiliarsi e ad abbassare il capo.

Tratto da “L’esperienza” del filosofo francese Michel de Montaigne.

 

In agricoltura ogni fase è essenziale per la buona riuscita del raccolto. Dalla preparazione del terreno, che deve essere arato con cura, bisogna rivoltare le zolle per far respirare la terra e renderla fertile, per passare poi alla semina. E’ importante che ogni seme venga messo alla giusta distanza e profondità. Piante troppo vicine fra loro si ostacoleranno nella crescita e sarà difficile coglierne I frutti, troppo lontane riducono la resa del campo. La profondità è necessaria per non rendere i semi facile cibo per i volatili.

Il secondo passaggio è l’innaffiatura, la concimazione e l’utilizzo delicato ma necessario di diserbanti o tecniche per non far aggredire le piante dagli insetti. Mai troppa acqua e nemmeno troppo poca. Bisogna controllare il terreno se sta dando il giusto apporto alle piante e infine l’attività dei parassiti. E’ in questa fase che si inizia a togliere le erbacce a setacciare con cura, a selezionare. Il sole e la natura faranno la loro parte.

Ora arriva il raccolto. Non è una fase scontata. Bisogna saper raccogliere i frutti al momento giusto, non troppo maturi, arriveranno sulle tavole marci, ne troppo acerbi. Bisogna tagliarli in modo da non ferire la pianta, lasciando crescere quelli che non sono pronti. E’ una selezione.

Non sempre tra semina e raccolto c’è relazione. In mezzo c’è l’imprevedibile, il tempo, le gelate, la siccità, le malattie delle piantagioni. Ma stavolta è andata bene. Abbiamo seminato (investimenti) con cura, scegliendo tempi e modi per intervenire sui differenti mercati (i terreni). Abbiamo seguito e analizzato giorno dopo giorno i fondamentali (innaffiato, ed estirpato, le piante secche che non davano frutto) per affinare i portafogli. Ci siamo protetti con opzioni in caso di scossoni improvvisi (diserbanti necessari).

Dopo la forte crescita dei mercati, siamo alla fase del raccolto.  Tra gli investitori si respira, un coro forse troppo unanime: quello del rialzo. Il Vix, l’indice della paura (perché si surriscalda quando arrivano le tempeste), è sceso ancora, siamo sui minimi del 2007, e sui livelli del 1993.

Come diceva Montaigne, ora che il grano è maturo è il momento di abbassare il capo per operare con la giusta umiltà. Raccogliere i frutti significa selezionarli. Alcuni sono maturi. Da tempo siamo tornati a riequilibrare l’esposizione tra mercati Usa e quelli europei, con maggiore potenzialità di crescita. L’effetto sui cambi è stato immediato, l’euro ha riconquistato quota 1,10 sul biglietto verde.

Non bisogna fare di un’erba un fascio. In Usa ci sono ancora società tech dove il tempo della raccolta non è ancora arrivato. Davanti a sé hanno mercati potenzialmente enormi soprattutto fuori dai confini nazionali. I loro frutti non sono maturi anche se i multipli sono elevati. Si tornerà alla normalità non perché caleranno i prezzi ma perché saliranno gli utili.

In altri settori, il terreno ha bisogno di respirare. La Fed lo sa bene. Bisogna iniziare a preparare il terreno per i raccolti futuri. La Banca centrale Usa, lentamente, sta facendo passare il messaggio di rialzi di tassi necessari. Ma la forza del contadino è sapere aspettare i tempi della natura. Affannarsi sarebbe solo una perdita di tempo. Anche i dati macro, che sembravano dare i primi segni di cedimento, tornano ad essere positivi. La produzione industriale Usa ad Aprile è salita sui massimi degli ultimi tre anni. Questo aumenta il clima di ottimismo, che per chi è umile, appare talvolta eccessivo. Lo rivelano le reazioni dei mercati agli ultimi eventi. Il maxi attacco informatico non ha generato scompiglio sui titoli internet, al contrario ha premiato quelli della cybersecurity. La saga Donald Trump che affronta un nuovo delicato passaggio con le rivelazioni di segreti ai Russi, in Borsa non si è nemmeno percepita. Nessun ripensamento sulla capacità del neo presidente di far passare un’importante riforma fiscale sul taglio delle imposte alle imprese. I listini continuano a sfidare le forze di gravità.

In Europa il membro esecutivo della BCE, Praet, ha dichiarato che la crescita ha ancora bisogno di una politica accomodante. Mentre l’Eurostat vede un Pil sul primo trimestre all’1,7%. L’output gap (differenza tra crescita potenziale ed effettiva), secondo Praet, si azzererà nel 2019 quando si vedranno gli effetti sui salari e di conseguenza sull’inflazione. Occorrerà essere “delicati” e “prudenti” comunicando la rimozione degli stimoli, mentre l’orientamento monetario non cambierà brutalmente.

Si deprezza la sterlina dopo i dati di un’inflazione inglese al +2,7%, massimo da settembre 2013.

Sul fronte oil rimangono molto sopite le tensioni. I pozzi di shale gas Usa stanno raggiungendo nuovi record, abbatendo le quotazioni. Arabia Saudita, Kuwait e Russia, sulla solita soglia dei 45 dollari al barile, si sono affrettate a dichiarare che, al prossimo incontro Opec, in agenda il 25 maggio a Vienna, prolungheranno il taglio della produzione. Il greggio è rimasto nella fascia comandata dei 45/55 dollari al barile. Non amiamo le forzature e nel medio periodo temiamo nuove tensioni generate dal prezzo del petrolio.

Il raccolto non è finito ma bisogna già iniziare a preparare il terreno per la prossima semina. Il mondo dei bond promette un calo generalizzato per il rialzo dei tassi, sui mercati arriverà meno liquidità con la sterilizzazione delle politiche di Qe. A capo chino, bisognerà scegliere i semi giusti. Il resto dipenderà dal tempo.