Le vaghe promesse e gli impegni concreti

«Come vuoi ch’io prometta se non so del domani? Non intendo che cosa sia promessa.»

Citazione tratta da Frantumi: seguiti da plausi e botte, di Giovanni Boine

 

Sul futuro si possono fare delle previsioni, più o meno fondate, ma nessuno può sapere con assoluta certezza cosa accadrà. Per questo, rifacendosi a quanto scritto da Giovanni Boine, è meglio evitare promesse aleatorie: «Come vuoi ch’io prometta se non so del domani?». Ed è proprio l’atteggiamento tenuto da Jerome Powell nei giorni scorsi davanti al Comitato bancario del Senato statunitense. Il presidente della Federal Reserve ha infatti parlato di impegni concreti, ovvero proseguire con una politica di sostegno all’economia basata su «tassi di interesse prossimi allo zero e acquisti di asset su larga scala fino a quando non saranno stati compiuti ulteriori progressi sostanziali».

Questo perché «l’economia resta molto lontana dai nostri obiettivi» di massima occupazione e inflazione al 2%. Il numero uno della Fed ha riconosciuto che quest’ultimo indice, dopo i mesi peggiori della pandemia di coronavirus, è complessivamente rimbalzato nel secondo semestre 2020, ma ha sottolineato come «per alcuni dei settori che sono stati maggiormente colpiti, i prezzi rimangono particolarmente bassi».

Attualmente, la banca centrale Usa sta acquistando 120 miliardi di dollari di asset al mese (80 miliardi di titoli del Tesoro e 40 miliardi di mortgage-backed securities). Powell, che intende quindi mantenere tali livelli anche nei prossimi mesi, ha poi parlato del futuro, non assumendosi vaghi impegni ma analizzando i probabili sviluppi, basandosi su fondate metodologie previsionali. In particolare, nonostante il raggiungimento complessivo dei target rimanga complicato, relativamente al Pil potrebbero esserci novità positive nel breve termine: secondo il numero uno della Fed, nel 2021, gli Stati Uniti potrebbero registrare una crescita anche intorno al 6%. Powell ha infine sottolineato che «i continui progressi nelle vaccinazioni dovrebbero aiutare ad accelerare il ritorno alle normali attività».

Dal punto di vista macro, l’indice CFNAI, che misura l’andamento dell’attività economica nel distretto della Fed di Chicago, si è attestato a +0,66 punti nel mese di gennaio, in aumento rispetto al risultato di dicembre (+0,41).

Passando all’Europa, bisogna soffermarsi sul Recovery Fund, ufficialmente chiamato Next Generation Eu. Anche in questo caso non contano le vaghe promesse ma gli impegni concreti. La settimana scorsa è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il regolamento applicativo, e gli Stati membri adesso possono inviare a Bruxelles i propri piani definitivi di spesa e riforma (nei mesi precedenti erano state inviate soltanto versioni preliminari). La Commissione europea si prenderà alcune settimane di tempo per valutarli, e poi toccherà al Consiglio Ue. Qualora i progetti presentati venissero giudicati idonei, i governi riceveranno il 13% di anticipo sui fondi previsti.

Sull’argomento è intervenuto anche l’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, oggi presidente del Consiglio in Italia, affermando che «mai nella storia dell’Ue, i governi avevano tassato i loro cittadini per dare i proventi di questa tassazione ai cittadini di altri paesi dell’Unione. È avvenuto con i trasferimenti a fondo perduto stabiliti dal Next Generation. Si tratta di una straordinaria prova di fiducia reciproca che, se validata da scelte oneste ed efficaci, potrà un giorno sfociare nella creazione di un bilancio europeo comune da cui dovrebbero trarre maggior beneficio proprio i Paesi più fragili dell’Unione».

Sul fronte macro, a febbraio l’indice Pmi manifatturiero dell’eurozona è salito a 57,7 punti contro i 54,8 di gennaio, ai massimi da 36 mesi. Secondo l’istituto IHS Markit, si tratta del secondo incremento più rapido negli ultimi tre anni sostenuto dall’impennata di nuovi ordini. La crescita del settore manifatturiero è stata particolarmente marcata in Germania e in Francia. L’indice composito dell’eurozona resta sotto quota 50 a febbraio (48,1) ma è comunque in recupero rispetto a gennaio (47,8). L’indice Pmi servizi registra invece una performance negativa e scivola ai minimi da tre mesi (44,7 punti contro i 45,4 di gennaio); tale settore è infatti particolarmente colpito dalle misure restrittive volte a contenere la diffusione del Covid-19.