Le sventure che ci possono capitare

«È meglio impiegare la nostra mente a sopportare le sventure che ci capitano, che a prevedere quelle che ci possono capitare.»

Citazione tratta da Massime e aforismi, di François De La Rochefoucauld

 

Dal punto di vista umano, è vero: «È meglio impiegare la nostra mente a sopportare le sventure che ci capitano, che a prevedere quelle che ci possono capitare». Perché vivere nell’ansia delle cose negative che rischiano di accadere sarebbe controproduttivo. Ma la massima di François De La Rochefoucauld vale anche in ambito economico-finanziario? In questo caso la dinamica è diversa, perché avere dei modelli previsionali per capire le sventure che possono capitare è fondamentale, soprattutto nell’ottica di implementare politiche efficaci.

E una delle sventure peggiori che può accadere in ambito economico è certamente un’inflazione fuori controllo. Guardando i dati più recenti, ad agosto, l’indice relativo all’area euro è cresciuto del 3%, in aumento dal 2,2% di luglio (come evidenziato da Eurostat). Sul tema è intervenuta nei giorni scorsi Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, sottolineando che non sono previste grandi sventure.

Anzi, «la risposta dell’inflazione riflette le circostanze eccezionali in cui ci troviamo ma ci aspettiamo che questi effetti alla fine passeranno», ha detto la numero uno dell’Eurotower, la quale ha comunque precisato che la pandemia ha introdotto anche nuovi trend che potrebbero influenzare l’andamento dei prezzi negli anni a venire. Potenzialmente, tali dinamiche potrebbero portare a pressioni sia al rialzo che al ribasso. Ma conoscere le potenziali sventure ha permesso di predisporre una politica adeguata: «Pertanto, la politica monetaria deve rimanere focalizzata sulla guida dell’economia fuori dall’emergenza pandemica, guardando oltre l’inflazione temporanea guidata dall’offerta e portandola in modo sostenibile verso l’obiettivo del 2%», ha sottolineato Lagarde.

Nelle circostanze attuali, la sfida principale della politica monetaria – sempre secondo la numero uno dell’Eurotower – «è la garanzia di una reazione non eccessiva agli shock transitori dell’offerta, che non hanno alcun impatto sul medio termine». Bisogna invece alimentare «le forze positive della domanda che potrebbero portare l’inflazione verso il 2%». 

Lagarde ha poi fatto il punto sulla crescita economica, sostenendo che il Pil supererà il livello pre-pandemia entro la fine di quest’anno, ovvero tre trimestri prima di quanto stimato lo scorso dicembre. L’ultimo bollettino della Banca centrale europea, in particolare, ha previsto una crescita annua – in termini reali – pari al 5% nel 2021, al 4,6% nel 2022 e al 2,1% nel 2023.

Passando all’Asia, sotto i riflettori degli investitori c’è la questione criptovalute, che secondo la Cina sarebbero una vera e propria sventura. La Banca centrale, di recente, ha infatti diffuso un comunicato congiunto assieme ad altri 11 enti governativi, sostenendo che la «speculazione tramite criptovalute» sta «turbando l’ordine economico e finanziario e favorendo la crescita di attività illegali e criminali». A valle di tali motivazioni, l’istituto ha quindi vietato a tutte le piattaforme internazionali che forniscono servizi di compravendita di criptovalute, come Coinbase e Binance, di operare in Cina. È stato inoltre sottolineato che ci saranno «conseguenze legali per gli individui e le imprese che partecipano alle attività di scambio delle valute virtuali». Pechino ha addirittura vietato il mining, ovvero il processo di estrazione di questi asset digitali.

Venerdì scorso, appena resa pubblica la notizia, una pioggia di ribassi si è abbattuta sull’intero comparto delle cripto, a cominciare dal bitcoin. Non poteva essere altrimenti, considerando che la Cina rappresenta uno dei mercati più importanti a livello internazionale nell’ambito delle monete digitali. Basti pensare che circa il 60% di tutte le criptovalute in circolazione viene estratto proprio nel Paese asiatico.

Ma l’annuncio cinese ha lascito alcune questioni in sospeso. La Banca centrale non ha infatti precisato con quali mezzi intende rendere effettivo il suo divieto. Parliamo di un tema di primaria importanza, in quanto le monete virtuali sono, per loro natura, basate su sistemi decentralizzati e sono molto difficili da controllare. Quella che per la Cina è una sventura, potrebbe non essere finita.