Le prospettive di un’Europa sempre più integrata

«Il timore di un danno frena. L’azione logora. La prospettiva di un vantaggio incita».
Citazione tratta da L’arte della guerra, di Sun Tzu

Sono tante le massime contenute ne L’arte della guerra, di Sun Tzu. Tra queste, lo stratega ricorda che «la prospettiva di un vantaggio incita». Ed è quello su cui ha fatto leva Mario Draghi per invitare l’Unione europea a prendere sul serio il suo recente rapporto dedicato alla competitività, mettendo in risalto le prospettive dei tanti vantaggi che derivano da una maggiore integrazione. E sottolineando anche i rischi che si corrono in caso di immobilismo.
Per l’ex presidente della Banca centrale europea non c’è tempo da perdere e, tra le principali questioni da trattare, c’è la riduzione del numero di scelte che vengono prese all’unanimità, ma anche la strutturazione del debito comune e l’apertura a nuove cooperazioni rafforzate.
La situazione impone decisioni incisive: il divario di crescita tra Stati Uniti ed Europa, sulla base dei prezzi del 2015, è passato dal 15% nel 2002 al 30% nel 2023. La quota di settori nei quali la Cina compete direttamente con l’UE è salita dal 25% nel 2002 al 40% oggi. Inoltre, sulle 50 più importanti società tecnologiche mondiali, solo quattro sono europee. Bisogna poi considerare che il Vecchio Continente ha poche materie prime e ora manca anche la spinta demografica e il numero dei lavoratori è destinato a ridursi sensibilmente entro il 2040.
Draghi ha quindi posto l’attenzione su tre fronti: l’innovazione, l’energia, e la sicurezza; in un contesto di crescente unilateralismo degli Stati Uniti, «la sicurezza è un prerequisito per una crescita sostenibile». Per raggiungere gli obiettivi indicati da Draghi, è necessario un investimento aggiuntivo annuale minimo di 750-800 miliardi di euro. Pertanto, secondo le ultime stime della Commissione, parliamo di una cifra pari al 4,4-4,7% del PIL dell’Unione nel 2023. Un obiettivo storico, basti considerare che gli investimenti aggiuntivi forniti dal Piano Marshall tra il 1948 e il 1951 ammontavano a circa l’1-2% del PIL all’anno.
L’ex numero uno della BCE ha spiegato che «dovremo fare più affidamento sulla produttività per guidare la crescita. Se la UE dovesse mantenere il suo tasso medio di crescita della produttività dal 2015, sarebbe sufficiente solo a mantenere costante il PIL fino al 2050, in un momento in cui l’Unione sta affrontando una serie di nuove esigenze di investimento che dovranno essere finanziate attraverso una crescita più elevata».
Per colmare il divario con USA e Cina, una delle sfide principali è trasformare l’innovazione in commercializzazione, mentre oggi le aziende innovative che vogliono espandersi sono ostacolate in ogni fase da normative incoerenti e restrittive. «Di conseguenza, molti imprenditori europei preferiscono cercare finanziamenti dai venture capitalist statunitensi e ampliare la propria attività nel mercato USA».
L’UE deve poi ridurre i prezzi dell’energia e la decarbonizzazione deve essere vista come «un’opportunità di crescita per l’industria», visto che il Vecchio Continente «è leader mondiale nelle tecnologie pulite come turbine eoliche, elettrolizzatori e carburanti a basse emissioni di carbonio, e più di un quinto delle tecnologie pulite e sostenibili in tutto il mondo vengono sviluppate qui».
Inoltre, le libertà dell’Europa vanno difese da potenziali aggressioni. Pertanto, è necessario aumentare i finanziamenti per la Ricerca e Sviluppo (R&S) nel campo della difesa, concentrandoli su iniziative comuni. Questo approccio potrebbe essere sviluppato attraverso nuovi progetti europei basati sulla cooperazione industriale.
Il tema del finanziamento dell’economia è fondamentale. «Per massimizzare la produttività, sarà necessario un finanziamento congiunto negli investimenti in beni pubblici europei fondamentali, come per esempio i settori più innovativi». Dunque, l’Unione dovrebbe orientarsi verso «l’emissione regolare di strumenti di debito comune per consentire progetti di investimento congiunti tra gli Stati membri e contribuire all’integrazione dei mercati dei capitali», ispirandosi come base di partenza al modello NextGenerationEU.
Il rapporto Draghi sarà discusso dai Paesi membri e, almeno in parte, sarà messo in pratica. Man mano che il piano verrà attuato, sarà interessante monitorare l’indice Stoxx Europe 600. Le tempistiche non sono certe, ma si spera che i vari governi siano “incitati” dalla prospettiva dei vantaggi.