Le pietanze delle banche centrali

«La storia era una cucina di ingredienti, si cambiavano dosi e ne usciva tutta un’altra pietanza.»

Citazione tratta da Il giorno prima della felicità, di Erri De Luca

 

Per dirla con Erri De Luca, anche la politica monetaria è «una cucina di ingredienti», e se si cambiano le dosi ne esce «tutta un’altra pietanza». Ed è quello che sta per accadere se guardiamo alla Federal Reserve: i mercati erano abituati a una pietanza chiamata “politica accomodante”, ma nel corso dell’anno è probabile che la ricetta verrà modificata.

Il presidente della Fed, Jerome Powell, al recente convegno di Jackson Hole (Usa) – il tradizionale appuntamento di fine estate delle banche centrali – ha fatto sapere che l’inizio del tapering (ossia la riduzione degli stimoli monetari) è «possibile» nei prossimi mesi. Ma un intervento eccessivamente frettoloso potrebbe rivelarsi «molto dannoso», visto il clima di incertezza alimentato da alcune vulnerabilità dell’economia internazionale e dalla diffusione della variante Delta.

Il numero uno della banca centrale statunitense non ha quindi fornito una tabella di marcia precisa per l’allentamento degli acquisti della Fed, che oggi si attestano a 120 miliardi di dollari al mese, e ha sottolineato che il tapering non «è un segnale diretto di un vicino aumento dei tassi di interesse». Passando al capitolo inflazione, il banchiere ha ammesso che l’aumento dei prezzi «causa preoccupazione», ma è convinto che il balzo sia provvisorio e si possa tornare al target del 2%.

Powell è stato chiaro nel sottolineare anche gli aspetti positivi dell’attuale situazione: «Nonostante le sfide odierne, l’economia Usa è sulla strada giusta» per un mercato del lavoro solido e «alti livelli di occupazione e partecipazione», nonché «benefici salariali ampiamente condivisi». Ma ciò non significa che la Federal Reserve intenda abbassare la guardia: la diffusione e l’impatto futuro della variante Delta saranno attentamente monitorati.

I mercati sembrano aver apprezzato l’atteggiamento di Powell che, seppur preventivando il tapering, rimane prudenziale. A differenza dei cosiddetti “falchi” della Fed, che vorrebbero avviare subito la riduzione degli stimoli. A spingere su questa linea, che raccoglie sempre più consensi nel Board, è il presidente della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, che in un’intervista alla Cnbc ha esortato: «Iniziamo il tapering e facciamolo rapidamente». Anche il presidente della Fed di Philadelphia, Patrick Hacker, ha detto che implementare un piano di riduzione degli acquisti «è meglio prima che dopo» perché l’aumento dell’inflazione «potrebbe non essere transitorio».

La Banca centrale europea ha invece in mente di proporre la stessa pietanza, ovvero una politica accomodante, ancora a lungo. L’ultima rassicurazione è arrivata da Francois Villeroy, governatore della Banque de France e membro del direttivo della Bce, che ha confermato la volontà di proseguire con il PEPP, il programma di acquisti di asset anti-pandemico ideato dall’Eurotower durante la crisi del Covid. L’obiettivo è quello di mantenere alta la liquidità del sistema e garantire condizioni di finanziamento accettabili alle imprese.

Il banchiere ha poi specificato che nessuna decisione sul “tapering europeo” sarà presa durante la riunione di settembre, perché l’Eurotower non ha fretta e, al contrario della Federal Reserve, può regolare il volume di acquisti ogni settimana. E i tassi d’interesse resteranno bassi a lungo, ben oltre il momento in cui la Bce deciderà di stringere i rubinetti. Ma attenzione, perché bisogna sempre tenere conto dell’inflazione, che sta accelerando un po’ ovunque.

I dati sulla crescita generale dei prezzi in Germania, un benchmark per tutta l’area euro, hanno confermato ad agosto un aumento su base annuale: la variazione è stata pari al +3,9%, in linea con il consensus, rispetto al +3,8% di luglio. La Banca centrale europea, secondo la nuova strategia, non farà salire i tassi d’interesse finché l’inflazione non raggiungerà il target del 2% in modo duraturo.

Rimanendo in ambito macro, l’indice di fiducia economica nei Paesi dell’Eurozona è salito a 117,5 punti ad agosto dai 119 di luglio, deludendo leggermente le attese del consenso che lo vedevano a 118 punti. Mentre l’indice di fiducia delle imprese si è attestato a 13,7 punti dai 14,5 del mese precedente e contro i 12,7 punti stimati dagli analisti.