Le certezze e le supposizioni

«Non sono sicuro di niente, ma bisogna discutere di alcune supposizioni. Come tutto quello che è un gioco, bisogna renderlo valido, no?»

Citazione tratta da Sognare e scrivere, di Jorge Luis Borges

 

I negoziati tra Democratici e Repubblicani sul nuovo piano di stimoli all’economia statunitense non sono certamente un gioco, ma anch’essi, come scrive Borges, vanno “resi validi”. E sull’esito nessuno può essere «sicuro di niente, ma bisogna discutere di alcune supposizioni». Partiamo da quella più “ottimista” e auspicata dai mercati, ovvero un accordo che arrivi prima delle elezioni presidenziali del 3 novembre. A corroborare questa supposizione ci sono le recenti dichiarazioni della Speaker della Camera Usa, la democratica Nancy Pelosi, la quale ha detto di avere la speranza di raggiungere un’intesa già questa settimana. Ma l’entusiasmo iniziale è stato successivamente frenato dal rinvigorimento della supposizione più “pessimista”, quella del rinvio; il repubblicano Mitch McConnell, infatti, ha iniziato a impegnarsi affinché la Casa Bianca eviti un accordo nel giro delle prossime tre settimane. Per il momento, l’amministrazione ha messo sul piatto 1.880 miliardi di dollari, contro la richiesta di 2.200 miliardi da parte di Pelosi.

Sull’argomento è intervenuta anche Lael Brainard, governatore del consiglio della Federal Reserve. In un discorso alla Society of Professional Economists, infatti, ha detto che se non si dovesse raggiungere un accordo sugli stimoli fiscali, si potrebbe compromettere la ripresa e, addirittura, invertire la rotta. Per Brainard, «il ritiro prematuro del sostegno fiscale rischierebbe di radicare le dinamiche recessive, frenando l’occupazione e la spesa, aumentando le cicatrici dovute a periodi di disoccupazione prolungati, portando più aziende alla chiusura e, in ultima analisi, danneggiando la capacità produttiva. Con la probabile persistenza della disoccupazione e della riduzione dell’orario di lavoro, è improbabile che molte di queste famiglie siano in grado di sostenere i recenti livelli di consumo senza un sostegno fiscale aggiuntivo, nonché una prolungata tolleranza ai prestiti e alle moratorie sugli sfratti».

Un’altra questione molto importante – su cui non si può essere sicuri di niente – è l’arrivo di un vaccino efficace e sicuro contro il Covid-19 in tempi certi. Anche in questo caso ci sono supposizioni più ottimiste e altre più pessimiste. La casa farmaceutica Pfizer, se tutto andrà come previsto, punta a chiedere l’autorizzazione per il suo medicinale anti-coronavirus all’agenzia americana FDA già il mese prossimo. Lo ha fatto sapere l’amministratore delegato, Albert Bourla, in una lettera pubblicata sul sito della società: il gruppo «richiederà l’uso dell’autorizzazione negli Stati Uniti subito dopo il raggiungimento della pietra miliare della sicurezza nella terza settimana di novembre. Tutti i dati contenuti nella nostra domanda negli Stati Uniti saranno esaminati non solo dagli scienziati della FDA, ma anche da un gruppo esterno di esperti indipendenti in una riunione pubblica convocata dall’agenzia. Le tempistiche riportate riflettono le nostre migliori stime».

Secondo le supposizioni più scettiche, invece, sarà quasi impossibile vedere un vaccino già nel 2020 e, comunque, bisognerà considerare anche i tempi della produzione su larga scala e quelli della distribuzione.

La cosa certa è che prima arriverà, meglio sarà per tutti. Una questione che diventa ancor più fondamentale a causa dell’accelerazione dei contagi nel mondo, con i governi impegnati a fare il possibile per evitare nuovi lockdown totali.

Facendo un focus sull’Ue, bisogna sottolineare le parole di Christine Lagarde, presidente della BCE. Nel corso della settimana ha infatti detto che la crescita della diffusione del Covid-19 rappresenta «un evidente rischio» per l’outlook economico, rafforzando l’aspettativa tra gli investitori di ulteriori iniziative di supporto a mercati ed economia. L’attesa degli operatori è che una eventuale mossa arrivi a dicembre, ma già la settimana prossima il board dell’Eurotower si riunirà per fare il punto sulla politica monetaria.

Dal punto di vista macro, buone notizie arrivano dalla Cina. Il PIL del terzo trimestre è aumentato del 4,9% rispetto allo stesso periodo 2019, riportando l’economia del gigante asiatico sulla traiettoria pre-coronavirus. La variazione è stata inferiore alle aspettative, ma pone il Paese in linea con le previsioni, fatte all’inizio dell’anno, relative alla crescita del 2020. Ovvero delle stime elaborate prima che il Covid-19 dilagasse nel mondo.