La vendetta

«Voi uomini pensate solo alla vendetta, all’onore, a mostrare il vostro valore di guerrieri, ma questo non fa che perpetuare gli odi, rinvigorire i rancori»

Citazione tratta da Il tiranno di Valerio Massimo Manfredi

 

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dato il via a un nuovo braccio di ferro con la Francia, “colpevole” di aver varato una tassa (Digital Tax) che graverà anche su aziende statunitensi. L’inquilino della Casa Bianca, tuttavia, ha già pensato alla sua «vendetta», ovvero la possibile introduzione di dazi fino al 100% su 2,4 miliardi di dollari di beni Made in France, come lo champagne, le borse, i formaggi e prodotti di make-up. Un elenco che andrebbe a colpire anche una parte delle merci che si erano salvate dalle tariffe al 25% imposte dagli USA in risposta della disputa tra Boeing e Airbus. Sarebbero quindi colpiti prodotti di lusso, come quelli di Lvmh, che tra l’altro ha appena comprato la società statunitense Tiffany e il produttore di cosmetici L’Oreal.

Secondo l’ufficio per il commercio americano, l’imposta francese è «incompatibile con i principi prevalenti della politica fiscale internazionale ed è insolitamente onerosa per le società statunitensi interessate», tra cui Google, Facebook, Apple e Amazon. In particolare, il governo guidato da Emmanuel Macron ha approvato un prelievo del 3% sui ricavi derivanti dai servizi digitali che si applica alle imprese con fatturato globale pari almeno a 750 milioni di euro, di cui minimo 25 milioni generati in Francia.

Il rappresentante commerciale degli States, Robert Lighthizer, ha detto che il governo sta valutando se aprire simili indagini sulla tassazione dei servizi digitali in Austria, Italia e Turchia. Non si è fatta attendere la risposta del ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, il quale ha dichiarato che l’Unione Europea «sarà pronta a reagire» contro gli Stati Uniti se verranno introdotte le tariffe minacciate da Trump. I mercati sperano che nessuna vendetta venga messa in atto, anche perché il rischio è di «perpetuare gli odi» e «rinvigorire i rancori», con grave danno al commercio.

Dal fronte della disputa sui dazi tra USA e Cina, invece, arrivano notizie contrastanti. Secondo alcune indiscrezioni, le delegazioni dei due Paesi si stanno avvicinando a un accordo sul valore dei dazi da ridurre nell’ambito della cosiddetta “fase uno” dell’accordo commerciale, nonostante le tensioni emerse tra Washington e Pechino dopo la firma da parte di Trump del disegno di legge a sostegno dei manifestanti di Hong Kong. Una scelta vista come un’intromissione nei propri affari interni dalla Cina. L’ottimismo delle indiscrezioni, tuttavia, non combacia con delle recenti dichiarazioni del presidente americano, il quale ha detto che la firma «potrebbe non essere possibile fino a dopo le elezioni statunitensi» del 2020. I mercati sperano, anche in questo caso, che non siano attuate vendette e che si giunga a un accordo quanto prima.

Sul fronte macroeconomico bisogna segnalare l’indice PMI dei servizi definitivo: a novembre, negli USA, è salito a 51,6 punti dai 50,6 precedenti, centrando le stime del consenso. Un risultato importante perché resta sopra i 50 punti, il limite che separa espansione e recessione. L’indice composito, che tiene conto anche della variazione del PMI manifatturiero, si attesta a 52 punti, battendo sia le previsioni (51,9) che il dato del mese precedente (50,9).

L’Eurozona, invece, offre un quadro contrastato. Il settore terziario tira il fiato mentre quello manifatturiero, pur migliorando, si conferma nella zona di recessione. In particolare, a novembre il PMI composito è arrivato a quota 50,6 punti, rafforzandosi rispetto ai 50,3 punti del dato preliminare e posizionandosi sui livelli del mese precedente. Il risultato, inoltre, supera le previsioni, anch’esse pari a 50,3. Facendo un focus sul PMI manifatturiero, si nota una crescita a 46,9 punto contro i 45,9 di ottobre. Il dato di novembre relativo ai servizi si attesta invece a 51,9 punti, sopra le attese (51,5), ma in frenata rispetto al mese precedente (52,2). Sempre rimanendo nell’area euro, sono arrivati i dati dell’inflazione a novembre. Secondo la lettura preliminare è cresciuta dell’1% a livello annuale, in leggera accelerazione dal +0,7% registrato a ottobre.