La globalizzazione e gli “occhi bendati”

«L’uomo attraversa il presente con gli occhi bendati. Può al massimo immaginare e tentare di indovinare ciò che sta vivendo. Solo più tardi gli viene tolto il fazzoletto dagli occhi e lui, gettato uno sguardo al passato, si accorge di che cosa ha realmente vissuto e ne capisce il senso.»

Citazione tratta da Amori Ridicoli, di Milan Kundera

 

Gli eventi si susseguono spesso con una rapidità tale che, per dirla con Milan Kundera, «l’uomo attraversa il presente con gli occhi bendati». Però chi opera sui mercati non può permettersi una tale condizione e deve togliersi quanto prima il «fazzoletto dagli occhi». Perché deve non solo analizzare il presente, ma anche pensare alle plausibili evoluzioni future.

E tra chi si vuole togliere il «fazzoletto dagli occhi» c’è sicuramente Goldman Sachs, che ha recentemente elaborato uno studio che riguarda un fenomeno strettamente legato all’andamento economico mondiale: la globalizzazione. La pandemia, la disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina, nonché il conflitto in Ucraina hanno portato alcuni esperti a parlare di deglobalizzazione come uno scenario che si concretizzerà nei prossimi anni. E secondo la banca d’affari americana, il rallentamento della globalizzazione – intesa come crescita nei movimenti transfrontalieri di persone, capitali, merci, tecnologie e idee – è, almeno parzialmente, già in atto da un po’.

Lo studio di Goldman Sachs è suddiviso in tre aree principali. A partire dallo scambio di merci: dalla grande crisi finanziaria del 2008, il commercio mondiale è aumentato del 35% in termini di valore e del 30% quanto a volume; tuttavia – ha sottolineato la banca – si tratta comunque di una crescita minore rispetto a quella del Prodotto interno lordo globale. Oggi infatti il rapporto tra commercio e PIL a livello mondiale è al 47% contro il 51% del 2008. Il perché della contrazione? Goldman Sachs ha detto che dipende dal ruolo della Cina, che contribuisce per il 28% in meno ai flussi di commercio estero rispetto a quanto accadeva nel 2006.

Un’analoga dinamica è stata evidenziata anche per quanto riguarda i movimenti dei capitali. Il volume complessivo degli investimenti transfrontalieri ha continuato ad aumentare dalla metà degli anni 2000 ma, come per le merci, la crescita è più lenta a confronto con il PIL globale nello stesso periodo.

E se passiamo alle persone, si riscontra sempre un contrasto tra flussi (in calo) e quantità assolute (in incremento). Il trend di immigrazione verso le economie avanzate è sceso nell’ultima decade, ma la percentuale totale di chi nasce in un Paese diverso da quello dei genitori è balzata fino a raggiungere il 13% del totale. Su questo punto, tuttavia, Goldman Sachs ha specificato che l’immigrazione netta verso l’Europa è destinata a crescere a causa della guerra in Ucraina.  

Bisogna poi evidenziare che c’è un comparto che fa storia a sé, perché, anche negli ultimi anni, ha visto aumentare le tendenze verso la globalizzazione. Parliamo del settore tecnologie, dati e idee. Basti pensare all’export di hardware e servizi per le comunicazioni, che è arrivato a superare il 3% del PIL mondiale, guadagnando quasi un punto percentuale pieno nel giro di dieci anni. Oppure si può fare l’esempio di internet, con il traffico medio dei cavi internazionali di fibra ottica che è aumentato di 115 volte dal 2008; l’80% della crescita totale è stata trainata dai provider di contenuti, ovvero colossi come Facebook, Instagram o YouTube.

Così, sempre per dirla con Kundera, Goldman Sachs ha provato a capire il senso di ciò che stiamo realmente vivendo. Arrivando a una conclusione precisa: non dovremmo parlare di deglobalizzazione tout court, perché potrebbe essere più appropriato utilizzare il termine ‘slowbalization’ (ovvero rallentamento della globalizzazione). Oppure, potremmo rifarci al concetto di ‘newbalization’, ossia un processo in cui la globalizzazione ha un doppio volto: accelera in alcuni comparti, ma rallenta sensibilmente in altri settori.

Sempre da Goldman Sachs è poi arrivata un’altra analisi su alcuni titoli tra i più interessanti. Premessa: da inizio anno il settore tecnologico non sta facendo bene. Ma per gli esperti della banca d’affari ci sono alcune quotate tech – come Microsoft e Salesforce – che rappresentano una potenziale “difesa” degli investimenti in questo momento. Questo perché hanno delle valutazioni interessanti e un potenziale upside abbastanza solido. I mercati, comunque, restano volatili e la regola base della maggioranza degli operatori rimane la stessa: evitare di farsi prendere dal timore e mantenere una visione di medio-lungo termine.