La discordia

«Per la concordia le cose piccole sempre crescono, e per la discordia le grandissime si distruggono»

Citazione tratta da Letture italiane di Niccolò Tommaseo


Per la discordia anche le cose grandissime, come l’accordo commerciale tra le superpotenze Stati Uniti e Cina, possono distruggersi. Al centro del diverbio c’è questa volta Hong Kong: Pechino ha condannato il provvedimento adottato all’unanimità dal Senato USA contro la repressione del movimento di protesta, assicurando che adotterà tutte le misure necessarie per salvaguardare la propria sovranità. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Geng Shuang, ha dichiarato in una nota che la decisione degli States è «una interferenza negli affari interni».

Tale situazione allontana, con grande preoccupazione dei mercati, la firma della cosiddetta “fase uno” dell’intesa tra i due Paesi. Il presidente americano, Donald Trump, ha criticato la Cina; Le cose «non procedono al livello che vorrei», ha affermato l’inquilino della Casa Bianca. Inoltre, ha ripetuto che «la Cina vuole un accordo molto più di quanto non voglia io» mentre, riguardo alla possibilità di una intesa entro l’anno, si è limitato a dire che «vedremo quel che succede». Secondo alcune indiscrezioni della stampa, l’accordo non verrà più concluso entro il 2019, ma è rimandato al 2020. Tuttavia, c’è ancora chi spera in una firma in extremis: alcuni operatori ritengono che la situazione si sbloccherà entro il 15 dicembre, quando sono previste ulteriori tariffe su circa 160 miliardi di dollari di importazioni cinesi tra cui gli smartphone.

Inoltre, c’è un’altra discordia che vede protagonista l’inquilino della Casa Bianca. Trump, durante il suo recente incontro con il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, ha infatti protestato per i tassi di interesse che – a suo dire – sarebbero «troppo alti». Il numero uno della Fed non sembra orientato a fare ulteriori tagli e ha ribadito la sua fiducia circa le decisioni prese. L’azionario statunitense si sta consolidando dall’inizio di ottobre, visto che le preoccupazioni per una possibile recessione sono nettamente diminuite. Dati economici positivi e utili societari migliori rispetto alle previsioni degli analisti (oltre, naturalmente, alle tre sforbiciate dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve) hanno contribuito a questa tendenza.

Facendo un focus sul fronte macroeconomico, a ottobre il numero di cantieri avviati negli USA per la costruzione di case è cresciuto del 3,8% a livello mensile a 1,314 milioni di unità. Nuovi dati arrivano anche in tema di vendite al dettaglio che, negli States, sono salite dello 0,3% su base mensile a ottobre. Il risultato è superiore a quello atteso dal consenso degli esperti, che prevedevano un incremento dello 0,2%. Escludendo la componente auto, le vendite sono cresciute dello 0,2% rispetto a settembre, leggermente meno di quanto atteso dal consenso (+0,3%).

Segnali negativi arrivano invece dal Giappone. Il ministero delle Finanze ha pubblicato questa settimana i dati sull’export di ottobre, calato del 9,2% su base annua a 6.580 miliardi di yen, a causa di una domanda globale debole e della discordia commerciale tra Stati Uniti e Cina. Le previsioni degli economisti indicavano un calo più contenuto al 7,6%, dopo il -5,2% registrato a settembre. Per Tokio si tratta del settimo mese consecutivo di contrazione delle esportazioni.

Passando all’Europa, è interessante leggere l’analisi di Philip Lane, capo economista della BCE, che ha rilasciato un’intervista a Repubblica: «Rispetto al 2017 c’è stato un forte rallentamento, ma nell’Eurozona non prevediamo recessioni. Il problema è che l’economia cresce meno velocemente di quanto sperassimo. È una dinamica deludente ma non negativa. Ci aspettiamo che ci saranno spinte per un recupero nel prossimo anno o due». Facendo un focus sulla Germania, bisogna segnalare l’arretramento dei prezzi alla produzione. Secondo l’Ufficio Federale di Statistica tedesco, a ottobre sono scesi dello 0,2% su base mensile rispetto al +0,1% di settembre e al -0,1% stimato degli analisti. Rispetto allo stesso mese 2018, invece, i prezzi hanno segnato una discesa dello 0,6%, contro un consenso pari a -0,4%. In particolare, i prezzi dell’energia hanno registrato una netta diminuzione del 3,1% rispetto allo stesso mese del 2018.