La battaglia dei semiconduttori

«I nostri figli guideranno veicoli silenziosi, puliti, intelligenti, integrati in una rete interattiva piatta, distribuita e collaborativa. Anche solo questo fatto è un segno della fine di un’era economica e dell’inizio di un’altra.»

Citazione tratta da La terza rivoluzione industriale, di Jeremy Rifkin

 

Nel 2011 veniva pubblicato per la prima volta La terza rivoluzione industriale di Jeremy Rifkin, in cui si parlava dell’inizio di una nuova era economica. E per questa era – fatta di «veicoli silenziosi, puliti, intelligenti, integrati in una rete interattiva piatta» – sono fondamentali i semiconduttori, utilizzati per la realizzazione di chip che ormai si trovano in quasi tutti i beni di consumo, dagli smartphone all’elettronica delle auto fino a qualsiasi dispositivo tech.

E la Cina sta facendo di tutto per diventare autonoma in questo ambito strategico. Il colosso asiatico, secondo quanto riportato da Reuters, sta per lanciare un nuovo fondo d’investimento sostenuto dallo Stato. L’obiettivo è di raccogliere circa 40 miliardi di dollari, da dedicare tutti al mercato dei semiconduttori, con un focus sugli investimenti nelle attrezzature per la produzione di chip.

Il presidente Xi Jinping ha da tempo sottolineato la necessità di raggiungere l’autosufficienza nel campo dei semiconduttori. Soprattutto da quando sono aumentate le criticità nel contesto delle relazioni con gli Stati Uniti. Washington, infatti, ha imposto una serie di misure di controllo sulle esportazioni di semiconduttori negli ultimi due anni, adducendo il timore che Pechino possa utilizzarli avanzati per potenziare le proprie capacità militari.

In ottobre, per esempio, gli Stati Uniti hanno varato un ampio pacchetto di sanzioni, tagliando l’accesso della Cina alle attrezzature avanzate per la produzione di chip. A ruota sono stati seguiti da Giappone e Paesi Bassi, alleati degli USA, che hanno adottato misure simili.

Così, Pechino ha deciso di preparare uno dei maggiori fondi mai lanciati dal China Integrated Circuit Industry Investment Fund, noto anche come Big Fund, ovvero un (imponente) fondo governativo. Il “pacchetto” da dedicare ai semiconduttori, entrando più nel dettaglio, avrà un obiettivo di 300 miliardi di yuan (41 miliardi di dollari), superando fondi simili del 2014 e del 2019, che secondo i rapporti governativi hanno raccolto rispettivamente 138,7 e 200 miliardi di yuan.

Secondo le fonti di Reuters, questa nuova iniziativa ha trovato un solido consenso da parte delle autorità cinesi. Stando alle indiscrezioni, il ministero delle Finanze cinese prevede di contribuire con 60 miliardi di yuan, mentre ci sono ancora diverse incognite sugli altri potenziali finanziatori.

In ogni caso, il processo di raccolta fondi richiederà probabilmente mesi e non è ancora chiaro quando verrà lanciato il terzo fondo, o se verranno apportate ulteriori modifiche al piano. Reuters però ricorda che tra i finanziatori dei due precedenti fondi del Big Fund figurano il ministero delle Finanze accanto a entità statali di grande spessore. Basti citare nomi del calibro di China Development Bank Capital, China National Tobacco Corporation e China Telecom.

Nel corso degli anni, il Big Fund ha fornito finanziamenti alle due più grandi realtà di chip cinesi, ovvero la Semiconductor Manufacturing International Corporation e Hua Hong Semiconductor. Ma nella lista rientrano anche la Yangtze Memory Technologies, un produttore di memorie flash, e una serie di aziende più piccole. Tuttavia, nonostante questi investimenti, il comparto cinese dei chip ha faticato a svolgere un ruolo di primo piano nella catena di fornitura globale, soprattutto con i prodotti più sofisticati.

Ma con l’implementazione della nuova iniziativa da 40 miliardi di dollari, il Big Fund proverà a fare meglio. Per ottenere risultati più incisivi, le autorità stanno valutando di assumere gestori di alto profilo. Tra questi, sempre secondo Reuters, potrebbe esserci China Aerospace Investment, il ramo d’investimento della società statale China Aerospace Science and Technology Corporation.

Quanto sarà impattante questa mossa? Difficile dirlo ad oggi, ma sicuramente potrà dare una boccata di ossigeno all’economia cinese, che ultimamente sta vivendo di alti e bassi.

Per esempio, il dato Pmi relativo ai servizi ha mostrato un settore in rallentamento: ad agosto, l’indice cinese ha segnato 51,8 punti, contro i 54,1 di luglio. Ma la Cina vuole agire per restare protagonista della “nuova era economica” e la sfida con gli States è aperta, soprattutto nell’ambito dei chip.