Kafka sulla spiaggia

“Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.

 Cammino lungo la riva della coscienza, dove le onde si muovono in un flusso e riflusso continuo. Quando arrivano, lasciano dietro di sé delle scritte che subito l’ondata successiva cancella. Cerco di leggerle in fretta, nel breve intervallo fra un’onda e l’altra. Ma non è facile. Prima che faccia in tempo a leggere, arriva una nuova onda a cancellare tutto. Nella coscienza rimangono solo indecifrabili frammenti di parole.

Tratto da “Kafka sulla spiaggia” di Haruki Murakami

Quando arrivano, le onde lasciano sulla sabbia delle scritte che l’onda successiva cancella. Troppo breve il tempo per leggere il loro significato: Benvenuta volatilità. Era da tempo ormai che sui mercati se n’era persa ogni traccia. Sembrava tutto prevedibile, noto, calma piatta e vele spiegata verso nuovi record. E, invece, alla fine qualcosa di “normale” si è verificato.

Dopo un calo di circa l’8% in due sedute, martedì sera, il Dow Jones ha provato a rimbalzare con un guadagno del 2,3% a 24.912 punti, ovvero +567 punti base, ma era partito in ribasso di ben 565 punti. L’altalena è andata avanti parecchio. Alla fine, l’indice ha messo a segno il miglior risultato dal gennaio del 2016. S&P500 +1,7%, Nasdaq +2,1%.

La volatilità misurata dal VIX, detto anche “l’indice della paura”, è impazzita: salita a 50 punti a inizio seduta, è andata su e giù, mettendo in crisi tutte le strategie basate sulla quiete dei mercati. Al temine della giornata, il VIX si è attestato a 30 punti, in calo del 20%. Il giorno prima aveva toccato picchi del +120%. A farne le spese sono stati i clienti di diversi strumenti finanziari a leva, che utilizzando dei margini troppo bassi, abituati da mesi di calma piatta, sono saltati. Nessuna grande vittima, solo qualche investitore che puntava sulla stabilità della volatilità e non ha incassato i guadagni sperati.

Ora è partita la caccia alle streghe. Colpa degli investimenti a leva, colpa dei derivati, colpa dei program trading. Affidare tutto ai programmi di investimento automatici, che oggi pesano per circa il 60/70% degli scambi, comporta dei rischi, soprattutto se calcolano i margini in funzione della volatilità dei mesi passati. Un’esplosione della volatilità fa esplodere l’intero investimento. Siamo in una zona unchartable, non esiste uno storico, non vi sono momenti in cui in passato le Banche centrali avevano stampato così tanta liquidità, bisognerebbe spiegarlo anche ai trading system e all’intelligenza artificiale ma non è facile perché si basano tutti sull’analisi di eventi storici e il bello dei mercati è che ogni volta è una volta nuova. Si può fare tesoro del passato ma credere che si ripeta sempre in maniera uguale è statisticamente poco probabile. Troppe variabili in un contesto fluido ed in continuo movimento entrano in gioco.

Per tornare invece all’intelligenza, in questo caso quella umana, si può abbozzare una lettura, rischiando forse di semplificare: dopo un rally ininterrotto durato mesi, e che molti investitori sono riusciti a cavalcare tramite le metodologie più disparate, una brusca correzione è assolutamente da mettere in conto.

La questione centrale è: come si affronta l’esplosione di volatilità? Se imbottiti di strumenti a leva o a marginazione, la correzione si trasforma spesso in una ghigliottina.  Se la si affronta con una riserva di liquidità e senza panico la correzione si trasforma spesso in un’ottima occasione di guadagni con operazioni di trading stretto.

L’altro interrogativo sensato è chiedersi sé è stata una tempesta passeggera o il preavviso di un nuovo movimento. In passato dalle tempeste abbiamo imparato. Ci hanno lasciato nuove consapevolezze. Quella di questi due giorni, ha colpito l’equity certo, ma ha avuto meno effetti sul fronte bond e commodity.

Le obbligazioni sono tornate, per un breve istante, ad essere un bene rifugio, ma gli acquisti sono durati poco. Segno che la tendenza è ancora negativa e che occorre mantenere la prudenza negli acquisti. Il rendimento del Treasury Bill a 30 anni è sceso poco sotto il 3% ma poi è risalito a 3,05%. Il decennale è sceso a 2,70% per poi risalire a 2,77%. Biennale prima a 2,02%, poi a 2,08%. Siamo su massimi pluriennali.  Il rendimento del Bund dieci anni ieri ha toccato lo 0,722%.

Adesso non ci rimane che leggere in fretta i flebili segnali lasciati dalle onde sulla sabbia. Sono segnali effimeri, ma il movimento di questi giorni non è da sottovalutare. L’esplosione della volatilità ha sempre portato con sé un cambiamento di rotta. Dopo questa tempesta i nervi degli investitori sono più tesi di prima e questo non aiuta. I mercati sono come le monete: hanno sempre due facce. Il calo di un asset indica spesso la salita di un altro, con caratteristiche opposte, per questo il ritorno della volatilità può essere letta anche come un’occasione.  Finora i trading system hanno fatto ciò che hanno potuto, ma se sta per arrivare la tempesta è il momento di togliere il pilota automatico e lasciare la cloche a quello più esperto: l’uomo.