Insolita storia di una vita normale

“Niente acqua in casa, nessuna fognatura, niente luce.

Dietro il paese un fiumiciattolo, il rio Caplina, con poca acqua per undici mesi l’anno e poi improvvisamente pieno, rovinosamente pieno quando sulle montagne, là in fondo, incominciavano a sciogliersi le nevi.           

A cinque anni la vita un po’ mi disorientava: mi sembrava come un susseguirsi di attimi, di sensazioni che emergevano improvvise su uno sfondo indistinto, uguale. In certi momenti per me era come vivere in un gioco, un grande gioco pieno di interrogativi: dove andare? 

È vero quello che si dice e cioè che le diversità fra loro gli uomini le costruiscono crescendo, le nutrono con il denaro e le confermano con il potere.

Io allora incominciavo a cercare di comprendere il mondo: com’erano le regole di quel gioco in cui mi ero ritrovato a vivere, chi fossero gli altri giocatori, se amici o avversari, che ruolo avessero”

Tratto da “Insolita storia di una vita normale” di Carlo Repetti.

 

Un anziano di circa ottant’anni parla a suo figlio, un uomo sui quaranta. Sono seduti su un basso muretto alle spalle di una spiaggia, là dove la città incomincia. Il padre parla guardando verso il filo dell’orizzonte, come se le cose che racconta potesse vederle davvero, in un film lontano proiettato là in fondo. Ed in effetti quei ricordi arrivano da una terra molto distante e da un tempo lontano.

E’ vero, sembra un altro mondo: sono gli Stati Uniti d’America. L’economia corre come un treno. La disoccupazione non esiste più. La Federal Reserve, la banca centrale, prova a tirare il freno a mano: alza i tassi d’interesse, rispondendo con la seconda stretta dell’anno alla continua e rafforzata marcia dell’economia. I banchieri centrali all’unanimità hanno alzato il  costo del denaro al livello di 1,75%-2% con una mossa di un quarto di punto. Nessuna  preoccupazione per le incognite sul palcoscenico globale, dalle tensioni in Europa e sui mercati emergenti ai conflitti commerciali.

L’economia sta bene, anzi accelera, La banca centrale ha alzato le stime di crescita e ora prevede un Pil 2018 in aumento del 2,8% anziché al 2,7% e una disoccupazione in calo al 3,6% nel 2018 e al 3,5% nel 2029 rispetto al 3,8 e al 3,6.  Siamo a livelli record negli ultimi 18 anni. In maggio i senza lavoro americani sono al  3,8% e le offerte di impiego hanno ormai superato il numero di lavoratori attivamente disponibili per la prima volta in vent’anni. Significa che se se un’azienda vuole un nuovo lavoratore deve strapparlo alla concorrenza, pagandolo di più.

Sarà contento Phillips, non c’è più spazio perchè la sua curva che mette in relazione inflazione e disoccupazione non funzioni più, il legame che in questi anni sembrava essersi spezzato verrà presto ricucito. I prezzi rialzano la testa, portandosi al 2%, la soglia ideale citata dalla Banca centrale dopo protratta debolezza. Mentre il Pil, secondo alcuni analisti, nel secondo trimestre sta marciando addirittura ad un passo del 3,5%-4%, quasi doppio rispetto al 2,2% registrato nei primi tre mesi dell’anno. In questo clima il sentiero appare obbligato, nessuna indecisione, nessuna incertezza.

Per l’intero 2018 la maggioranza del vertice della Banca centrale Usa, otto esponenti su 15, prevede un totale di quattro strette rispetto alle tre attese finora: il cambiamento fa presagire ulteriori rialzi dei tassi interbancari agli appuntamenti con i vertici Fomc di settembre e dicembre. Altri tre rialzi sono attesi nel 2019, portando il totale dei due anni ad almeno sette da sei. E almeno uno nel 2020.

Lo sforzo della Fed è calibrare interventi graduali verso l’obiettivo di arrivare a tassi neutrali, che la maggioranza degli esponenti della Banca centrale ha identificato in una fascia fino a circa il 3,5 per cento.

I governatori descrivono oggi una crescita che procede a «passo solido», espressione nettamente migliorata rispetto all’aggettivo “moderato” scelto in precedenza.

E  tutto il resto? Non conta più. L’economia, i mercati sono cinici. Le guerre commerciali, le tensioni Usa, Europa, Cina, l’Opec, il petrolio, sono solo un rumore di fondo, rispetto alla musica che arriva dai dati macro, dalle stime della Federal Reserve. Gli Usa sono tornati normali. I tassi continueranno a salire, si porteranno al 3,5% forse. Lasciare la liquidità in portafoglio avrà un costo, perché perderà di valore. Bisogna metterla in gioco, nuova benzina per l’economia.  Anche prendere i soldi in prestito avrà un costo. Un costo opportunità reale non drogato dalle politiche monetarie espansive.

Quello che sta succedendo dall’altra parte dell’Oceano appare un’insolita storia di una vita normale, raccontata da un anziano padre a un figlio. Sono i quarantenni di oggi che quasi non ricordano più cos’è la normalità dopo che negli ultimi 10 anni non l’hanno mai conosciuta. Provatelo a spiegarlo a un giovane gestore, a dirgli che un tempo i rendimenti erano altra cosa di oggi, che le obbligazioni erano una valida alternativa all’equity, che il rischio e la sua remunerazione erano qualcosa di reale. Fatelo senza sentirvi anziani, ma semplicemente normali.