Inside Apple

“Dire di no è un principio fondamentale dello sviluppo dei prodotti Apple e dell’approccio del gruppo nel business. La capacità di dire no – di rifiutare funzionalità, prodotti, categorie, segmenti di mercato, offerte e persino alcuni partner – è il modo in cui Steve Jobs ha spiegato i punti di forza di Apple. “La messa a fuoco è potente”, ha detto. “L’attenzione di una start-up è molto chiara. L’attenzione non sta dicendo sì. Sta dicendo no a idee davvero grandiose. “

In un’azienda organizzata secondo linee funzionali anziché divisionali, lo scouting deve essere una competenza fondamentale del suo leader. Per lungo tempo Steve Jobs ha considerato la questione dell’identificazione e della cura del talento come uno degli aspetti più importanti per  essere un imprenditore e un amministratore delegato.

Il team di marketing e comunicazione di Apple deve passare  attorno a un muro azzurro per raggiungere le scrivanie. Sulla parete è dipinto un messaggio di rilievo in grandi lettere d’argento biancastre. Si legge: SEMPLIFICARE, SEMPLIFICARE, SEMPLIFICARE. Una linea ampia viene tracciata attraverso i primi due SEMPLIFY. “ 

Tratto da “Inside Apple” di Adam Lashinsky.

 

L’indice Fang+, che comprende Facebook, Amazon, Netflix e Google (ora Alphabet) assieme ad altre azioni d’avanguardia quali Nvidia, Baidu and Tesla, è finito lunedì in territorio di correzione al ribasso, soffrendo un calo del 10% dai massimi del mese scorso dopo una stagione di bilanci contrastati.

Apple al contrario, ieri, dopo la trimestrale, è volata del 5,9% mettendo a segno un incremento di capitalizzazione di 50 miliardi di dollari, in una sola seduta. Ora il gruppo della mela punta ai 1.000 miliardi di capitalizzazione, target raggiunto ma già sfumato, da  Amazon.  La trimestrale del gruppo dell’iPhone è un capolavoro soprattutto sul fronte del mix di crescita. Il mercato si chiedeva come avrebbe potuto continuare a crescere una società focalizzata principalmente su un solo prodotto, l’iPhone con i colossi cinesi alle porte e nessuna novità in arrivo.

 

In cifre, il giro d’affari trimestrale della società capitanata da Tim Cook ha marciato del 17% a 53,26 miliardi di dollari mentre i profitti si sono impennati del 32% a 11,52 miliardi, equivalenti a 2,34 dollari per azione. Entrambi numeri andati oltre le attese, ferme a 52,3 miliardi di revenue e 2,16 dollari di utili. L’ottimismo, inoltre, regna anche per il trimestre in corso, il quarto fiscale: le revenue dovrebbero salire di un solido 14-18% a 60-62 miliardi, contro i “soli” 59,5 miliardi ipotizzati da Wall Street.

L’exploit nella performance appena archiviata, per Apple, è stato particolarmente significativo perché il trimestre a giugno è tradizionalmente il più debole per il colosso di Cupertino, quando le vendite frenano in attesa del lancio di nuovi prodotti a settembre

Gli iPhone hanno generato ricavi  in aumento del 20% a 29,91 miliardi, sostenuti da rincari più che dal numero di cellulari venduti, lievitati di un modesto 1% a 41,3 milioni. L’iPhone X, telefono dell’anniversario decennale venduto a 999 dollari, ha rappresentato un quarto delle intere entrate e ha spinto i prezzi medi di tutti gli iPhone in rialzo di un quinto a 724 dollari, superando i 693 dollari anticipati dagli esperti. La crescita più esplosiva ha avuto luogo nella divisione dei servizi, dove le entrate sono balzate del 31% al record di 9,55 miliardi e a loro volta hanno battuto pronostici di 9,2 miliardi.

Tradotto senza i servizi, voce praticamente nulla  qualche trimestre fa e l’aumento del prezzo dell’iPhone, i conti sarebbero stati un disastro.  La competizione cinese è fortissima. Huawei, nel secondo trimestre ha superato Apple in termine di smartphone venduti, collocandosi al secondo posto su scala mondiale dopo Samsung. Eppure Apple ha fatto l’impossibile: ha alzato ancora i prezzi dei propri prodotti. Ma il capolavoro è la voce servizi che oggi da sola vale circa il 20% dell’intero fatturato. Apple ha vinto con i software e il suo ecosistema. Ha vinto dicendo no a migliaia di altre opportunità di crescita e focalizzandosi su due voci che nessun analista avrebbe mai incluso nelle  stime mesi fa.

Ora i mercati si sono focalizzati sulle Fang+, hanno generalizzato, penalizzando le società che semplicemente erano salite di più in un momento in cui aumentano le tensioni internazionali.

Trump sta ventilando l’ipotesi di portare l’aliquota sui 200 miliardi di dollari di beni importati dalla Cina dal 10% al 25%. I cinesi gradualmente deprezzano  lo yuan. A conti fatti, se la minaccia fosse di fissare un’ aliquota del 25% su tutti i 250 miliardi di dollari, il cambio di equilibrio dello yuan dovrebbe essere portato intorno a 7 sul dollaro. La guerra continua, Usa e Cina hanno tempo per trovare un accordo entro il 30 agosto poi scattano i dazi automatici.

Sul fronte Fed, ieri,  il presidente, Jerome Powell, e i suoi colleghi hanno spiegato che «l’attività economica sta crescendo a ritmo robusto» e che la disoccupazione «è rimasta bassa». L’ottimismo della Fed sembra preludere a rialzi del costo del denaro sia a settembre che a dicembre, nonostante l’opposizione di Trump.

Semplificare, dire no. La lezione di Apple, non  vale solo sul fronte aziendale,  è indispensabile anche per i gestori di portafogli. Il successo di molte società vola sopra i dazi, sopra le etichette (vedi Fang), sopra i rialzi di tassi e i pensieri precostituiti. Questa è la risposta alle tensioni che vivono oggi i mercati. Un portafoglio che seleziona e cresce nonostante i timori di fondo, come i conti di Apple insegnano.