Il tamburo di latta

“Dopodiché, crepuscolo dell’universo. Sopra le macerie del mondo strumentale, si arrampica il tempo universale. […] Dopodiché l’essere-alla-mano taglia i tubi nell’inafferrabilità dell’inutilizzabile e suscita il problema segreto del comando. […] Dopodiché, le ultime emissioni trasmettono il crepuscolo degli dei. In virtù di se stesso. Dopodiché non c’è più tempo per un minuto di silenzio, in virtù di se stesso. […] Dopodiché, nella zona governativa della capitale del Reich le emissioni radio si interrompono. La totalità territoriale, la nientificazione, inclini all’angoscia e da ricomporre pezzo per pezzo. La finalizzazione. La fine. Ma dopo tutto questo, sulla struttura finale il cielo non si oscurò.

E quando infine fu la fine si sbrigarono a trasformarla in un inizio pieno di speranza; giacché in questo paese la fine è sempre inizio, è sempre speranza in una fine qualsiasi, anche la più definitiva che ci sia. Così del resto sta scritto: finché l’uomo spera, sempre daccapo ricomincerà a farla finita sperando” tratto da Il Tamburo di Latta del primo Nobel Gunter Gass.

 

“I tempi in cui potevamo fare pienamente affidamento sugli altri sono passati da un bel pezzo, questo l’ho capito negli ultimi giorni. Noi europei dobbiamo prendere il nostro destino nelle nostre mani”. Le parole di Angela Merkel vanno ben oltre la retorica elettorale, oltre la delusione dell’incontro con Donald Trump al G7. Oltre la stessa Angela Merkel. L’Europa così com’è sta per finire. Tutte le volte che l’Europa è in crisi, l’Europa risorge, questo è il denominatore comune della sua storia.

“E’ una reazione fortissima, quella della maggioranza silenziosa di europei che ha ritrovato la sua voce, il suo orgoglio e la fiducia in sé stessa”, il presidente della Bce Mario Draghi, nel discorso di Tel Aviv, ha commentato così le elezioni francesi. Lo stesso Draghi, pochi giorni dopo, al Parlamento europeo ha esortato a «pensare a come assicurare il futuro dell’area dell’euro con una costruzione più stabile e resistente, senza timore di modificare i trattati”.

Il dialogo con l’altro, più che a creare relazioni, molto spesso serve a definirci, ci costringe ad uscire dall’angolo per prendere una posizione. E’ quello che è successo nel G7, è l’unico futuro possibile per l’Europa. Merkel si unisce a Emmanuel Macron. Anche in Italia, qualcosa si muove. La convergenza dei maggiori partiti politici al modello tedesco accelera il passo per le elezioni forse già a fine anno. Secondo le prime indiscrezioni, Merkel avrebbe un «piano segreto» con l’ipotesi di un «governo dell’eurozona economico, in grado di introdurre dei titoli propri» per finanziare investimenti, che però, stando all’entourage della cancelliera, non sarebbero eurobond. Un piano che ricorda la montagna di investimenti promesso da Trump: la sostituzione della politica monetaria espansiva della Bce con una progettuale per costruire infrastrutture comuni. Anche secondo il Financial Times, sarebbe allo studio uno strumento per mettere in sicurezza il debito dei Paesi periferici in vista della fine del Qe.

Un passaggio armonico, senza rotture. Draghi, in settimana ha ribadito: “Abbiamo bisogno di politiche monetarie accomodanti, i salari crescono ancora poco e l’inflazione è sotto il 2%”. Non la pensa allo stesso modo il più papabile dei suoi sostituti, il presidente della Bundesbank, Jens Weidman, secondo cui “la politica espansiva è come la caffeina e crea dipendenza”.

 

Di fatto l’Europa della moneta non basta più o diventa più unita o rischia di non stare insieme.  E’ questa la risposta dopo mesi di dibattiti che sta emergendo dalle stanze dei bottoni. E’ una risposta aiutata anche dall’isolamento Usa che porterà alla costruzione di nuovi equilibri: maggiore attenzione di Bruxelles a Cina, Medioriente, Russia e India. D’altronde la forza della Germania, 253miliardi di surplus commerciale, oltre 8,3% del Pil arriva dall’export. Dopo il G7, Merkel ha già incontrato il premier indiano, Narendra Modi strappando l’ok sull’accordo per il clima di Parigi e il premier cinese Xi Jinping. Mentre a pochi giorni dal G7 Trump ha tuonato: “Abbiamo un deficit commerciale enorme con la Germania, che paga meno di quanto dovrebbe di spese militari anche alla Nato, questo è terribile per gli Usa ma cambierà”.

Cambierà anche l’Europa: Merkel vuole spendere più soldi per la difesa, un comando centrale per un impegno militare comune. Buone notizie per il comparto dove si può scommettere su una prossima fase di M&A per creare dei colossi europei. Il settore si allarga anche alla Cybersecurity come ha ricordato Draghi in settimana. Anche l’ipotesi di simil eurobond per il comprato infrastrutture è una buona notizia per il settore costruzioni. Il rilancio dell’Europa significa ribilanciamento del peso del Vecchio Continente in una fase di medio lungo periodo.

Una mano arriva anche dalle variabili esogene. Il mancato accordo Opec per il taglio della produzione di petrolio ha rispedito il greggio di qualità Wti sotto i 50 dollari. Significa inflazione sotto controllo. Inutile illudersi su un deciso aumento delle quotazioni se neanche i produttori sembrano non volerlo. Debolezza generalizzata del comparto commodity currency con le vendite che hanno colpito principalmente il rublo e la corona norvegese. Prosegue la corsa del mondo emergente, l’indice generale MSCI EM ha toccato i nuovi massimi dal maggio 2015.

La fine dell’Europa è un nuovo inizio dove tapering e i debiti sovrani periferici creano meno timori. “Dopodiché” si può scommettere su infrastrutture, difesa, servizi ed euro, puntando a un ruolo più globale.