Il potere dell’individuo

«Più si studiano la vita e la letteratura, e più forte si fa la convinzione che dietro ogni cosa meravigliosa c’è l’individuo, e che non è il momento che fa l’uomo, ma l’uomo che crea un’epoca.»

Citazione tratta da Il critico come artista, di Oscar Wilde

 

A volte si rischia di pensare all’economia come a qualcosa di astratto. Invece, bisogna ricordarsi che dietro ogni attore economico – le imprese, le banche centrali, i governi etc. – ci sono persone in carne e ossa. Ed è saggio dare la giusta importanza all’individuo che, come scriveva Oscar Wilde, sta «dietro ogni cosa meravigliosa». E anche quando la storia sembra prendere una direzione inattesa, bisogna ricordarsi che «non è il momento che fa l’uomo, ma l’uomo che crea un’epoca».

Così, focalizziamoci sugli individui che più di tutti impattano sulle sorti dell’economia. A partire da Joe Biden, leader della maggiore potenza economica mondiale, che si sta preparando per le elezioni del 2024, spiegando quella che sarà la sua agenda. In queste settimane va infatti ribadendo i pilastri della cosiddetta Bidenomics: fare investimenti pubblici per accelerare la crescita, sostenere la classe media e promuovere la concorrenza per abbassare i costi e aiutare le piccole e medie imprese a prosperare.

Secondo i democratici, questa ricetta sta già dando i suoi frutti. In questi anni, si legge in un recente comunicato della Casa Bianca, «la nostra economia ha creato più di 13 milioni di posti di lavoro, tra cui quasi 800.000 posti di lavoro nel settore manifatturiero, e abbiamo dato il via a un boom dell’industria manifatturiera e dell’energia pulita. Nel 2021 e nel 2022 sono state presentate più di 10 milioni di domande per la creazione di nuove piccole imprese: i due anni più forti mai registrati».

Risultati che per l’inquilino della Casa Bianca sono direttamente collegati alle sue politiche. Quando Biden è entrato in carica, la percentuale di investimenti pubblici rispetto al valore dell’economia era dimezzata rispetto al 7% degli anni ‘60. Secondo la Bidenomics, fare investimenti pubblici mirati può attirare altri investimenti del settore privato, anziché allontanarli. Con particolare attenzione ai comparti di particolare rilevanza per gli interessi economici e di sicurezza nazionale, dal miglioramento delle infrastrutture ai semiconduttori, fino agli investimenti nell’energia pulita.

Naturalmente, i repubblicani non sono contenti della Bidenomics e prediligono un approccio diverso, basato su tagli delle tasse (anche alle persone più abbienti e alle grandi aziende) e riduzione della spesa pubblica (sociale e per investimenti) per contenere il deficit. Ma torniamo a concentrarci sugli individui. Ovvero l’ex presidente Donald Trump e il governatore della Florida, Ron DeSantis, che si stanno avviando verso uno scontro nelle primarie del partito repubblicano del 2024.

Lo scontro tra i due si preannuncia particolarmente intenso, tuttavia alcune loro posizioni – per esempio sulle politiche fiscali e di spesa – non sono così diverse.

Probabilmente, Trump continuerà a vantarsi di una delle sue azioni legislative più eclatanti come presidente: un ampio taglio delle tasse (sostenuto anche da DeSantis) che firmò nel 2017. All’epoca, lui e i fedelissimi della sua amministrazione dissero che i tagli si sarebbero ripagati da soli, stimolando l’aumento della crescita e delle entrate. Tuttavia, un recente rapporto del Congressional Budget Office ha affermato che rendere permanenti le disposizioni del Tax Cuts and Jobs Act del 2017 aggiungerebbe 3,5 trilioni di dollari al deficit nazionale.

In ambito monetario, durante la sua presidenza, Trump ha criticato aspramente il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, da lui stesso nominato. L’obiettivo era spingere la Fed a una politica meno stringete in merito ai tassi. E anche oggi la musica non è cambiata, con Trump (e DeSantis) sempre pronti a ingaggiare uno scontro di posizioni con la Fed.

Sul fronte del commercio, in un piano pubblicato a febbraio, Trump ha chiesto un «nuovo sistema pro-America di tariffe di base universali sulla maggior parte dei prodotti stranieri». E anche l’adozione di «un piano quadriennale per eliminare gradualmente tutte le importazioni cinesi di beni essenziali».

DeSantis, ad oggi, ha parlato meno di commercio rispetto all’ex presidente, tuttavia potrebbe seguire una linea diversa, basata su una maggiore cooperazione. Quello che è certo è che bisogna ricordarsi degli individui, perché è l’uomo che crea un’epoca.