Il pericolo della “pigrizia finanziaria”

«L’epoca attuale è l’epoca dell’aurea mediocrità e dell’insensibilità, dell’amore dell’ignoranza, della pigrizia, dell’inettitudine all’azione e della pretesa di trovare tutto pronto.»

Citazione tratta da L’adolescente, di Fëdor Michajlovič Dostoevskij

 

Cosa direbbe Dostoevskij della nostra epoca? Difficile dirlo, ma sicuramente possiamo affermare che, in qualsiasi epoca, è negativo essere innamorati «dell’ignoranza, della pigrizia, dell’inettitudine all’azione». Soprattutto chi opera sui mercati non può avere la «pretesa di trovare tutto pronto», cadendo in una “pigrizia finanziaria”.

Anzi, visto che siamo in un’epoca finanziaria complessa, bisogna essere più solerti e attivi che mai. Scappare dagli investimenti e lasciare che i soldi siano erosi da un’inflazione galoppante non è certo una soluzione. Pertanto, meglio analizzare la situazione ed elaborare una strategia adeguata.

Sotto i riflettori degli investitori ci sono senza dubbio le mosse delle banche centrali. In Europa, la Bce «intende alzare i tassi d’interesse di 25 punti base al meeting di luglio» e «si aspetta di alzare nuovamente i tassi a settembre». Sono queste le prospettive tracciate dall’Eurotower di recente, specificando che dopo settembre «ci si attende che un ritmo graduale, ma sostenuto, di ulteriori aumenti sarà appropriato».

Nel frattempo, la Banca centrale europea ha stabilito che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati; ossia, rispettivamente, allo 0%, allo 0,25% e al -0,50%.

Quanto sarà intenso il prossimo incremento dei tassi Bce dopo i 25 punti previsti a luglio? Molto dipenderà dalle prospettive aggiornate per l’inflazione. Se queste, nel medio periodo, permarranno tali o si deterioreranno, alla riunione di settembre potrebbe essere varato un rialzo più marcato. L’Eurotower ha fatto sapere che tale strategia è «in linea con l’impegno del Consiglio direttivo a conseguire l’obiettivo del 2% a medio termine» in termini di target dell’inflazione.

Quest’ultima nel 2022 dovrebbe attestarsi mediamente, nell’eurozona, al 6,8% prima di rallentare al 3,5% nel 2023 e al 2,1% l’anno successivo. Lo prevedono le nuove stime della Bce, che ha definito l’inflazione «una grossa sfida». Le stime per la crescita aggiornate, seppur riviste al ribasso, restano sopra i due punti percentuali: per il 2022 al 2,8%, e al 2,1% per il 2023. Mentre per il 2024 è previsto un lieve miglioramento al 2,1%.

Come si riflette tale scenario sugli investimenti? Secondo Maria Paola Toschi, global market strategist di Jp Morgan Am, si prospetta la riscossa dei titoli finanziari, energetici, salute e utility, «in un momento in cui i mercati azionari stanno soffrendo dei rischi legati a un rallentamento della crescita». In alcuni casi, ha spiegato l’esperta, questi titoli sono favoriti «dall’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, e da ritorni sotto forma di dividendi».

Dall’altro lato, non promettono bene invece i titoli tecnologici. È quanto ha sottolineato Carlo Gentili, amministratore delegato di Nextam Partners, «soprattutto per le valutazioni molto elevate». Bisogna poi tenere a mente un’altra dinamica: «Si torna a una fase in cui i tassi negativi non saranno più la normalità, uscendo da un’era in cui i mercati obbligazionari sono stati distorti dalle banche centrali».

A livello di economia reale, la stretta dell’Eurotower renderà più costoso l’ottenimento dei finanziamenti da parte delle imprese. Ma oltre alla questione dei tassi, l’Eurotower ha detto di voler archiviare i maxi acquisti di titoli di Stato, causando inizialmente un rialzo generale dello spread nei Paesi più esposti al debito. Tuttavia, in settimana ha corretto parzialmente il tiro. In particolare, dopo una riunione straordinaria, la Bce ha incaricato gli uffici tecnici di accelerare il completamento di un nuovo scudo anti-spread da sottoporre poi al Consiglio direttivo.

Negli States, la Federal Reserve ha invece deciso di alzare i tassi di interesse di 75 punti base. Il tasso di riferimento arriva così in una forchetta compresa tra l’1,5% e l’1,75%, nel tentativo di contenere l’inflazione. Gli operatori dovranno quindi considerare una Fed sempre più falco.

Dunque, lo ribadiamo: in questo momento delicato dei mercati, tra rialzi dei tassi e rallentamento della crescita, bisogna impegnarsi ancor di più per muoversi in maniera strategica e impostare un portafoglio profittevole nel medio-lungo termine.