Il normale e il patologico

“Normale” è colui che rientra nella frequenza statistica più alta.

 La norma non è mai naturale o necessaria ma è sempre, in una certa misura, progettuale. Il naturale è un’ideale di normalità senza normalizzazione. Il sociale è per forza prodotto di una normalizzazione.

Non vi è, in sé e a priori, alcuna differenza ontologica tra una forma di vita riuscita e una mancata. Del resto si può parlare di forme di vita mancate?”

La malattia entra ed esce dall’uomo come da una porta” e che essa “non è soltanto squilibrio o disarmonia: è anche e soprattutto sforzo della natura nell’uomo per ottenere un nuovo equilibrio. La malattia è una reazione generalizzata il cui scopo è la guarigione. L’organismo genera una malattia per guarirsi”

La cultura e la conoscenza dovrebbero porsi come principale obiettivo soprattutto quello di superare i pregiudizi e far accettare culturalmente la diversità. Spesso purtroppo ciò che è altro da noi, ciò che si presenta “diverso” dal nostro modo di vedere le cose viene definito con superficialità “anormale”, “anomalo” e nel peggiore dei casi “patologico”.

Tratto da “Il normale e il patologico” di Georges Canguilhem.

 

La fase della normalizzazione è arrivata, almeno negli Stati Uniti. Il rendimento del decennale americano ha sfondato sulla fatidica soglia del 3%. Immediata la reazione di Wall Street con cinque sedute consecutive in calo.

Ora “da vicino nessuno è normale” e a dirla tutta, anche il tasso a dieci anni Usa, lascia diverse perplessità tra gli operatori per la rapidità in cui si è mosso. In particolare, dal 2010 a oggi, il rendimento del decennale Usa era sempre rimasto sotto le aspettative di inflazione a 5 anni fra 5 anni (il 5 anni su 5). In passato, tutte le volte che i rendimenti decennali sono stati accompagnati da un rialzo meno proporzionale dell’inflazione, si è registrato un brusco calo dei tassi. Una visione che verrebbe confermata confrontando il tasso decennale al rendimento dei dividendi medi dell’S&P500, oggi al 2%. Un differenziale così alto suggerisce un calo dei tassi.  Il filosofo francese, a cui molti attribuiscono la figura di padre della razionalità, indica la normalità come la situazione statisticamente più diffusa. Niente di più.

 

Definire oggi cos’è normale sui mercati e cos’è patologico, non è esercizio facile. Avere i tassi al 3% in Usa con l’economia che corre e l’inflazione al 2,36% non sembra poi uno scenario patologico. E’ che non ci siamo abituati. Tornare ad avere un rendimento reale positivo, sembra allo stesso tempo razionale e normale. In Europa pare quasi patologico il contrario. Eppure questa è la situazione più diffusa, dunque normale, tra i rendimenti sui titoli di Stato dell’area euro.

In questo scenario rimane priva di attese la conferenza della Bce, il presidente Mario Draghi, difficilmente darà indicazioni sul futuro prossimo del quantitative easing. La formula magica cognata da Draghi, solo venerdì scorso, è stata: “pazienza, persistenza, prudenza”. Il presidente della Bce ha, di fatto, escluso qualunque sorpresa. Settembre però non è più così lontano: la fine dell’attuale round di acquisti di titoli si avvicina, e se è troppo presto per preparare la fase successiva, ogni piccola sfumatura nelle parole della conferenza stampa sarà oggetto di attenta analisi da parte di investitori e analisti. Lo scenario più probabile è che Draghi mandi segnali chiari alla politica di attrezzarsi, pensare a un piano di investimenti pubblici, in grado di attirare quelli privati, questi sì, finanziabili dalla Bce con nuovi Ltro, in grado di proporsi come un Qe mirato alla crescita.

Sempre da questa parte dell’Oceano, pare patologico il timore di un ritorno dell’inflazione. Al di là di cosa sia normale e cosa patologico, noi siamo abituati ad analizzare le cause. Il temuto futuro rialzo dell’inflazione (a marzo siamo ancora con prezzi fermi all’1,3%), è legato al surriscaldarsi delle quotazioni delle materie prime. Le Borse però non rispecchiano l’economia in maniera fedele. Il caro greggio farà bene alle oil services dopo anni di difficoltà, al rublo e probabilmente alla maxi ipo di Aramco, la oil company dell’Arabia Saudita.

 

Il collegamento caro greggio e rialzo dei tassi non è scontato. Se anche l’inflazione (complessiva) dovesse rialzare la testa l’andamento dell’inflazione core potrebbe non essere giudicato soddisfacente dalla Bce. È già accaduto, del resto.

Si è abituati a credere che i mercati puntino a un ritorno della normalità, così si analizza il passato per vedere qual è lo scenario che ha più probabilità di ripetersi. L’evoluzione, la crescita, lo sviluppo, al contrario hanno come motore la continua trasformazione. Ciò che in passato era normale non lo sarà più oggi. Questa è l’unica legge “normale” in un mondo in continuo cambiamento. Al contrario è razionale pensare che, tutte le volte, che ci troviamo in una situazione di disequilibrio, la soluzione più probabile sarà quella che farà emergere un nuovo equilibrio.

Oscar Wilde amava ripetere che “la normalità è la devastazione della mente”. Il lavoro del gestore, non è quello di adagiarsi su ciò che è normale ma cercare quegli investimenti che oggi appaiono patologici e domani saranno ritenuti normali. Potrà sembrare patologico ma i big tech continuano a registrare il pieno utili, i tassi Usa iniziano ad essere interessanti e i bond sono più sexy che in passato.