Il mare dove non si tocca

“E come sempre quando ti aspetti qualcosa, succede qualcos’ altro. La forza spaventosa è arrivata davvero, ma mi ha preso alle spalle, mi ha sollevato e mi ha fatto volare nel cielo. Giravo e giravo e non potevo aggrapparmi a niente, nessun appiglio e nessuna speranza, solo l’aria intorno e il mare sotto, e un cuore impazzito che non poteva più nascondere dentro il mio orribile segreto: avevo otto anni, e ancora non sapevo nuotare. Ma il babbo lo sapeva.  

Tocco l’acqua e vado giù, nell’abisso nero e senza fondo, pieno di squali e orche assassine e calamari giganti che mi prendono con i tentacoli e mi mordono con quella specie di becco da pappagallo. E’ la sensazione più brutta del mondo, sgambettare e cercare coi piedi un appoggio che non c’è, andare a fondo e bere e forse morire.

 

Il babbo ha finito la sigaretta, ha allungato una mano, ha sorriso e mi ha tirato su a strappo. “Ora sai nuotare, contento?”. Non lo sapevo mica, non sapevo niente adesso, non ero nemmeno sicuro di essere vivo. Però più tardi gliel’ho detto. Il babbo ha sorriso perché era contento anche lui.

Tratto da “Il mare dove non si tocca” di Fabio Genovesi.

 

“Quando ti aspetti qualcosa succede qualcos’altro”. Il piccolo Fabio era sicuro, sulla sua barca, col babbo. Aveva appena passato un’estate fantastica, il papà aveva cambiato lavoro, meno soldi ma più tempo con lui. E dopo giorni passati a pescare senza successo, sembrava che qualcosa avesse finalmente abboccato quando, la sua certezza, il suo punto di riferimento, il papà lo prende alle spalle, lo alza e lo butta nell’acqua profonda e blu. Poi si siede e si accende una sigaretta e vede il figlio, spaventato a morte vincere la sua paura e: nuotare. Le banche centrali lo hanno promesso ai mercati, da custodi dolci e premurose si sono preoccupate di sostenere con “qualunque cosa serva” l’economia. Ora sta arrivando il momento, invece, di affrontare le proprie paure, il momento di crescere, stare a galla senza appigli.”

La Federal Reserve ha già cominciato, portando i tassi all’1,25%. Gli economisti scommettono in tre rialzi consecutivi il prossimo anno, per arrivare al 2%. In Europa, invece, ci si chiede quale obiettivo la Bce intenda perseguire continuando a comprare titoli di Stato per 30 miliardi al mese, fino a settembre, che senso abbia mantenere i tassi negativi fino al 2019 con l’economia che sta crescendo a ritmi superiori a quella Usa e un’inflazione prossima all’obiettivo del 2%.

I pessimisti, tirano fuori dal cappello il pericolo che, in caso di recessione, la Bce non avrà più armi al suo arco. Mario Draghi ha smentito più volte questo scenario, sostenendo che il materializzarsi di una crisi nel prossimo futuro ha poche probabilità di realizzarsi e comunque le difese della Bce sarebbero quasi illimitate.  Il fatto è che l’economia non si muove in maniera lineare, fa dei salti. L’idea di una nuova normalizzazione che sembra convincere tutti, crescita costante, tassi bassi e inflazione sotto controllo, è talmente diffusa da sembrare poco credibile, o almeno la Borsa ci ha sempre insegnato che “quando ti aspetti qualcosa succede qualcos’altro”.

La Bce, la scorsa settimana, ha alzato le previsione del Pil, aggiornate solo tre mesi prima. Ora, come ben noto, un modo per calcolare Pil di un Paese è moltiplicare la quantità di moneta per la sua velocità di circolazione. La quantità di moneta sul mercato è ai massimi. I pessimisti temono che, se la velocità di circolazione tornasse ai livelli pre crisi, ci sarà un impatto deciso sull’inflazione e la Bce potrebbe non essere in grado di ritirare la moneta in maniera repentina. L’effetto sarebbe quello di vedere crescere i rendimenti dei bond mettendo in crisi i Paesi con alti debiti. Da qui il timore che Draghi si potrebbe trovare costretto a scegliere di acquistare ancora a sconto il debito dei Paesi periferici nonostante la ripresa economica sia in corso.

Che il mare è troppo calmo lo si vede dal fatto che l’obbligazione due anni greca rende meno del due anni Usa.  Ora se lo spread misura il rischio Paese, non pare proprio che quello americano sia maggiore di quello di Atene. I bond sono drogati e tenerli a galla è la politica espansiva della Bce. Quanto durerà? il consensus è unanime: a lungo.

 

Noi però non siamo il consensus. Siamo abituati a ragionare con la nostra testa. Tra bond Usa e greci preferiamo ancora quelli Usa. Quando il mercato esagera, preferiamo non prendere scommesse alla cieca. Sui bond governativi stiamo assistendo a delle esagerazioni che, oltretutto, non offrono rendimenti adeguati.

Negli Stati Uniti, intanto, è arrivato l’ok alla riforma fiscale che dovrebbe essere firmata dal Presidente Donald Trump entro la fine di questa settimana. L’amministrazione Usa sta già pensando a lanciare il maxi piano di infrastrutture da mille miliardi. Almeno lì, il mercato è dinamico.

Qui, l’acqua è profonda, il fondo è blu scuro, anche se a galla tutto sembra calmo, siamo poggiati su masse di liquidità con una potenza enorme. Un loro minimo movimento potrebbe increspare tutta la superficie del mare; le barche, lontane dai loro ormeggi, si troveranno in balia delle onde.

Può darsi che prima o poi qualcuno o qualcosa, le Banche centrali ad esempio, ci prendano alle spalle, ci alzino per buttarci in mezzo al mare. Ma abbiamo una certezza: da tempo abbiamo imparato a nuotare, la cosa più importante è non avere paura, restare calmi, raggiungere la barca per navigare sui mari che più ci piacciono: quelli dove non si tocca e soffia il vento.