Il capitalismo e il “modo giusto” di fare le cose

«È raro che ciò che si desidera ardentemente non sia difeso con tenacia da coloro dai quali si vuole ottenerlo o ai quali si tenta di sottrarlo. Così la maggior parte delle cattive azioni degli uomini sono venute loro incontro mascherate sotto la forma pretestuosa della necessità; poi, commessa la cattiva azione in un momento di esaltazione, di timore o di delirio, ci si rende conto che si sarebbe potuto passarle accanto evitandola. Il modo che sarebbe stato giusto impiegare, che non si è visto essendo ciechi, allora si presenta ai vostri occhi in tutta la sua semplicità, e voi vi dite: “Come mai non ho fatto questo invece di fare quello?”»

Citazione tratta da Il conte di Montecristo, di Alexandre Dumas (padre)

 

Quante volte in nome di un capitalismo senza regole sono state commesse cattive azioni «mascherate sotto la forma pretestuosa della necessità»? E, per dirla sempre con Dumas, qual è il modo che sarebbe giusto impiegare per generare profitti? Il rapporto tra etica e finanza è certamente complicato, ma i tempi stanno cambiando ed è una questione sempre più dibattuta. Per esempio la nuova lettera di Larry Fink agli amministratori delegati, diffusa nei giorni scorsi, parla proprio di una nuova concezione di capitalismo. Al di là di come la si pensi, le parole del numero uno di BlackRock – il più grande asset manager globale con oltre 10mila miliardi di dollari in gestione – offrono degli interessanti spunti di riflessione.

«Alla base del capitalismo c’è un costante “reinventarsi” – scrive Fink – Per non rischiare di essere soppiantate da nuovi competitor, le aziende devono continuamente evolversi, di pari passo con il mondo che le circonda. La pandemia ha, per così dire, messo il turbo per quasi tutte le imprese a un’evoluzione dell’ambiente operativo che era già in atto». Tale contesto deve essere visto come un’occasione per riassettarsi e favorire lo sviluppo economico anche dei Paesi meno progrediti, e per un miglioramento delle condizioni in Occidente.

La ricetta di Fink si basa su quattro pilastri, dal lavoro all’utilizzo del capitale di rischio, passando per la sostenibilità degli investimenti e la partecipazione dei clienti nelle scelte. In merito al primo punto, il capo di BlackRock sostiene che «nessun rapporto è stato più influenzato dalla pandemia di quello che sussiste tra datori di lavoro e dipendenti. Ad oggi, i dipendenti di tutto il mondo si aspettano di più dai loro datori di lavoro. Le aziende che creano ambienti migliori e più innovativi per i lavoratori stanno infatti registrando livelli più bassi di turnover e rendimenti più alti». I contratti devono pertanto essere ripensati per dare più spazio alla famiglia, più tutele per i lavoratori fragili, più welfare aziendale. Fra lockdown e quarantene, gli affetti personali sono tornati al centro dell’attenzione e le imprese devono tenere conto di questa dinamica, offrendo condizioni idonee ai dipendenti.

Poi, Fink si è soffermato sull’aumento «nella disponibilità di capitale negli ultimi quattro decenni», che «sta alimentando uno scenario dinamico improntato all’innovazione con un’abbondanza di startup dirompenti che cercano di rovesciare i leader del mercato». In tale contesto, BlackRock punta a vedere un’evoluzione delle aziende su cui investe «in modo da generare rendimenti interessanti per i decenni a venire». E qui va ricordato: il profitto rimane centrale, perché la beneficienza – attività nobile e fondamentale – non è l’area di competenza di Fink. La criticità riguarda il come generare rendimento senza causare “danni collaterali”. Bisognerebbe puntare su trasparenza e progetti virtuosi ed efficienti nel lungo periodo, attività assai complessa.

Arriviamo così al rapporto tra capitalismo e sostenibilità, binomio su cui BlackRock ha ricevuto forti critiche negli ultimi anni. Il gruppo è stato infatti molto lento nell’abbracciare l’industria Esg. Adesso, almeno nelle intenzioni, Fink dice che è necessario tenere conto dell’impatto delle attività finanziarie ed economiche, sull’ambiente e su tutto il contesto sociale che riguarda gli stakeholder. Bisogna inoltre essere consapevoli che «ogni azienda e ogni industry sarà trasformata dalla transizione verso un mondo Net Zero», ossia a zero emissioni di anidride carbonica (anche se ci vorranno decenni). Agendo quindi di conseguenza.

Infine, il leader di BlackRock segnala un aumento dell’interesse tra gli azionisti nei confronti della corporate governance. «Questo è il motivo per cui stiamo portando avanti un’iniziativa – spiega Fink – basata sull’utilizzo della tecnologia, per dare a un crescente numero dei nostri clienti la possibilità di avere voce in capitolo su come vengono espressi i voti per delega nelle società in cui i loro risparmi sono investiti». Una mossa che potrebbe piacere soprattutto alle nuove generazioni, particolarmente attente alla possibilità di partecipare alle scelte e monitorare l’impatto sociale e ambientale delle decisioni.