I mercati e l’assenza di “certezze galileiane”

«Non è l’incertezza della misurazione a nascondere la realtà; al contrario, è la realtà stessa a non fornire mai certezze nel senso classico-galileiano del termine, quando si esaminano fenomeni a scala atomica.»

Citazione tratta da Fisica quantistica per poeti, di Leon Max Lederman e Christopher T. Hill

 

Chi investe sa bene che si deve confrontare con una dinamica particolare, in cui «è la realtà stessa a non fornire mai certezze nel senso classico-galileiano del termine». Perché prevedere l’andamento dei mercati non è una scienza esatta e possono succedere cose del tutto inaspettate.

 

Come l’andamento da montagne russe registrato da Nvidia, che recentemente ha conquistato la leadership di Wall Street per poi perderla nel giro di pochissimo. Il 20 giugno, è bastato che alcuni giornali riprendessero una notizia (poi la approfondiremo) per far calare sensibilmente il titolo del produttore di chip, celebre per le sue GPU dedicate al gaming e oggi sulla bocca di tutti per i suoi processori per l’Intelligenza Artificiale.

 

Così Nvidia, che per un po’ è stata regina di Wall Street compiendo un sorpasso storico su giganti quali Microsoft ed Apple, è poi scesa nel giro di qualche seduta al terzo posto, con una capitalizzazione di mercato di nuovo sotto ai 3 trilioni di dollari. Quando capitano “avventure” come questa, gli investitori, pur consapevoli che non si raggiungerà mai quella misurazione certa propria di alcuni campi, analizzano la situazione per imparare ed eventualmente riposizionarsi.

Come? Andando nel dettaglio delle cause. Gli esperti ritengono che la scintilla che ha innescato l’incendio sia stata la notizia della vendita da parte del Ceo del colosso americano, Jensen Huang, di azioni per circa 95 milioni di dollari.

Gli analisti più severi hanno paragonato la rapida crescita del titolo di Nvidia al boom di Cisco. Era il marzo del 2000 quando il produttore di apparecchiature di rete, nel momento di apoteosi delle dotcom, divenne l’azienda più preziosa al mondo. Un anno dopo, tuttavia, scoppiò la bolla e Cisco perse circa l’80% del suo valore, mentre i gruppi di telecomunicazioni decisero di ridurre la spesa per le infrastrutture a banda larga. Oggi, tuttavia, questo paragone appare piuttosto azzardato. Nvidia, in fatto di chip per l’AI generativa, sembra ancora adesso in una posizione molto solida. E la sua performance da inizio anno è comunque strepitosa.

In ogni caso, vanno monitorate anche le potenziali ripercussioni dell’andamento del colosso di Santa Clara su tutto il settore. Nei giorni in cui il titolo è calato ha trascinato con sé anche altre aziende attive nello stesso mercato.

In generale, il comparto dell’Intelligenza Artificiale, secondo Statista, è cresciuto a oltre 184 miliardi di dollari nel 2024, un balzo di quasi 50 miliardi in più rispetto al 2023, e si prevede che questa crescita continuerà anche nei prossimi anni, raggiungendo un valore di 826 miliardi di dollari nel 2030.

Anche Microsoft e Google si sono lanciate in questo settore, ma ci sono anche altre società, magari meno note, che vanno tenute d’occhio. Come AeroVironment, che applica l’AI alla guida autonoma nel settore aerospaziale, o Procept BioRobotics, che la sfrutta nel campo della robotica. Tutte realtà che stanno macinando performance interessanti in Borsa.

Come andranno nei prossimi mesi? Ribadiamo che non vi è alcuna certezza classico-galileiana, ma può essere utile seguire alcuni ragionamenti. Come quello di Roberto Rossignoli, Head of Research e Senior Portfolio Manager di Moneyfarm, riportato su Teleborsa: «Crescita di fatturato e marginalità giustificano, almeno in parte, le valutazioni che questi titoli raggiungono, stellari se confrontate con quelle di qualsiasi altra large cap a livello mondiale».

Ad oggi, «i tre colossi valgono, da soli, quasi un terzo del Pil Usa e il 20% dell’S&P 500, una concentrazione che generalmente è destinata a risolversi o con un crollo dei nomi più rilevanti del listino o con un miglioramento delle performance del resto dei titoli», ha spiegato l’analista. Sottolineando come la seconda sia «l’ipotesi più probabile e che quindi, al di là del rischio di investire quando le valutazioni non sono molto convenienti, non sussistano pericoli aggiuntivi derivanti dall’iper-concentrazione dell’indice».

Guardando ai Magnifici 7 –  oltre a Microsoft, Apple e Nvidia, ci sono anche Alphabet, Amazon, Meta e Tesla – nei prossimi 12 mesi è atteso un incremento degli utili di poco inferiore al 30%. E alcuni osservatori ritengono che Amazon e Meta siano potenziali candidate a superare la quota dei 3.000 miliardi di capitalizzazione.