I fratelli Karamàzov

«Era uno di quei caratteri orgogliosi che non sopportano il disprezzo, che, non appena sospettano disprezzo da parte di qualcuno, subito s’infiammano di rabbia e di voglia di opporsi».

Citazione tratta da I fratelli Karamàzov, romanzo di Fëdor Dostoevskij pubblicato per la prima volta nel 1879

 

Ci sono pochi dubbi sul fatto che l’indole di Donald Trump sia paragonabile a «quei caratteri orgogliosi che non sopportano il disprezzo» descritti da Fëdor Dostoevskij. Un’immagine che rende l’idea dell’escalation del conflitto con l’Iran: dopo l’abbattimento, settimana scorsa, di un drone Usa da parte di Teheran, il presidente americano si è prontamente infiammato «di rabbia e di voglia di opporsi», arrivando a sfiorare l’inizio di una guerra. Ora Trump punta a fare leva sui fattori economici e ha approvato un ordine esecutivo che impone nuove sanzioni contro il Paese mediorientale. Il provvedimento prende di mira il leader supremo iraniano Ali Khamenei e il suo entourage, negando loro l’accesso a risorse finanziarie. Il segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin, ha spiegato che gli Usa congeleranno miliardi di dollari di fondi attivi dell’Iran. «L’amministrazione disperata di Trump distrugge i meccanismi internazionali in atto per preservare la pace e la sicurezza globale», fanno sapere da Teheran. Appresa la notizia delle sanzioni, i mercati europei hanno aperto in calo nella giornata di martedì 25 giugno. L’inquilino della Casa Bianca a tuttavia aperto a possibili negoziati, dichiarandosi «impaziente di rimuovere tutte le sanzioni».

Nel mirino di Trump è finito di recente anche Mario Draghi. Il presidente della BCE nelle ultime settimane ha infatti provato a rassicurare i mercati, chiarendo che l’arsenale a disposizione dell’istituto è ampio e le sue armi possono ancora essere utilizzate se l’economia europea non mostrasse segnali di miglioramento. In particolare ha specificato verranno valutati «ulteriori tagli dei tassi» in caso l’inflazione deragli rispetto ai livelli desiderati. Il presidente degli Stati Uniti ha così deciso di accusare Draghi di svalutare l’euro sul dollaro. Ma il numero uno della Banca Centrale Europea ha prontamente risposto: «Abbiamo un mandato che è quello della stabilità dei prezzi e siamo determinati a usare tutti gli strumenti a nostra disposizione per rispettare il nostro mandato. I tassi di cambio non sono un nostro target». In questi giorni, tuttavia, Trump ha anche mostrato simpatia nei confronti di Draghi e ha dichiarato che vorrebbe vederlo alla Federal Reserve al posto di Jerome Powell, accusato di seguire una politica troppo restrittiva. Il governatore, nel suo ultimo discorso, ha sì lasciato aperta la porta a un possibile taglio dei tassi, ma si è ben guardato dal parlare di una imminente riduzione. E James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, ha dichiarato che un taglio di 50 punti base nella riunione di luglio non è al momento necessario, deludendo così le speranze degli operatori.

Ma i riflettori dei mercati sono anche puntati sul commercio internazionale. Gli Stati Uniti hanno infatti spiegato che non faranno alcuna concessione alla Cina e non accetteranno condizioni sui dazi per far ripartire le trattative. Donald Trump incontrerà sabato il presidente cinese, Xi Jinping, in occasione del G-20 a Osaka (Giappone), ma non c’è alcuna certezza sull’esito del meeting e fare pronostici è difficile. Il segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, ha provato a rassicurare: prima che si interrompessero i colloqui «il 90% dell’accordo era pronto e penso che ci sia un modo per completarlo», ha dichiarato in un’intervista alla Cnbc. «Spero che possiamo fare progressi per raggiungere un accordo. Trump e Xi hanno un rapporto di lavoro molto stretto e abbiamo avuto un incontro produttivo all’ultimo G-20», ha proseguito Mnuchin. Wall Street, ieri, ha chiuso contrastata: Dow Jones -0,04%, Nasdaq +0,32%.

Passiamo all’Europa: nella locomotiva del Vecchio Continente, la Germania, il morale degli investitori è sceso ancora oltre le attese. L’indice Ifo, che misura la fiducia delle imprese, è calato a giugno a 97,4 da 97,9 di maggio (diminuito a sua volta da 99,2 di aprile); parliamo del livello più basso dal 2014. Le stime indicavano invece un indice a 97,6.

Buone notizie per l’Italia: secondo indiscrezioni riportate da Ansa, sulla procedura per il debito «possono essere trovate delle soluzioni nel dialogo tra la Commissione europea e Roma, ma l’Italia deve dimostrare che rispetterà le regole in futuro». Gli operatori sperano che, anziché «voglia di opporsi», ci sia voglia di collaborare.