Gli “occhi” delle banche centrali

«Il solo vero viaggio, il solo bagno di Giovinezza, non sarebbe quello di andare verso nuovi paesaggi, ma di avere occhi diversi».

Citazione tratta da La prigioniera, di Marcel Proust

 

La realtà conta, ma è importante anche il modo con cui si guarda alla realtà. Non a caso Proust scrisse che il vero viaggio non consiste nell’andare verso nuovi paesaggi, ma nell’avere «occhi diversi». E, in ambito finanziario, gli investitori devono capire con quali occhi i protagonisti dell’economia guardano alla realtà, al fine di poterne prevedere le probabili mosse.

Così, focalizzandosi sul recente simposio tenutosi a Jackson Hole, nello stato USA del Wyoming, possiamo capire lo sguardo delle banche centrali. Al momento, né la Federal Reserve né la Banca centrale europea sembrano avere occhi diversi. In entrambi i casi sembra perdurare lo sguardo da falchi, ma con un’impostazione giudicata equilibrata da diversi osservatori.

«Il lavoro della Federal Reserve è di riportare l’inflazione al 2% e lo faremo», ha ribadito Jerome Powell, numero uno della banca centrale americana. Poi, ha fatto una precisazione: «Abbiamo alzato i tassi in maniera significativa e sebbene l’inflazione sia scesa rispetto al picco, uno sviluppo gradito, rimane troppo alta e pertanto rimaniamo intenzionati ad alzare i tassi ancora fino a che l’inflazione scenderà verso l’obiettivo del 2%».

Powell ha sottolineato che ripristinare la stabilità dei prezzi è cruciale per soddisfare il doppio mandato di assicurare una bassa inflazione e un solido mercato del lavoro. Servirà proprio «la stabilità dei prezzi per ottenere un periodo sostenuto di forti condizioni del mercato del lavoro a beneficio di tutti».

Il presidente della FED, inoltre, ha spiegato che l’economia statunitense non sta rallentando e questo può complicare la riduzione dell’inflazione. Powell ha tuttavia sottolineato che l’istituto si muoverà «seguendo le stelle sotto un cielo nuvoloso», facendo capire che l’incertezza ad oggi aleggia sul quadro macroeconomico, e che potrebbero esserci sorprese positive che avvicinerebbero un allentamento della politica monetaria.

Passando allo sguardo della BCE, bisogna dire che Christine Lagarde, numero uno dell’Eurotower, si sta confrontando con uno scenario più complesso, in cui l’economia è meno brillante rispetto agli USA. Anche in Europa, comunque, la sfida contro l’inflazione non è ancora vinta.

E l’Istituto di Francoforte – ha spiegato Lagarde a Jackson Hole – deve «stabilire i tassi di interesse a un livello sufficientemente restrittivo per il tempo necessario, per raggiungere in maniera tempestiva il ritorno dell’inflazione all’obiettivo del 2%». La numero uno della BCE ha inoltre detto che, guardando avanti, «dobbiamo restare chiari nel nostro obiettivo, flessibili nelle nostre analisi e umili nel modo di comunicare».

A questo punto, è utile soffermarsi sull’analisi di Tomasz Wieladek, Chief European Economist presso T. Rowe Price. L’esperto ha spiegato una dinamica cruciale: «Il fatto che la FED continuerà a dipendere dai dati macro e potrebbe alzare ancora i tassi, in risposta alla forte crescita e alla tenuta del mercato del lavoro, mantenendo una politica restrittiva per un periodo prolungato, ha implicazioni importanti per l’Europa e la BCE». Per l’economista, infatti, «ci sono chiari segnali che l’economia europea sta scivolando verso la recessione» e l’ipotesi che la FED alzi ancora i tassi indebolirebbe l’euro nei confronti del dollaro, dando così «sollievo all’industria manifatturiera europea in difficoltà»; tuttavia, l’inflazione rimarrebbe più a lungo al di sopra dell’obiettivo rispetto a quanto previsto in precedenza, a causa dei rincari del costo delle materie prime in euro.

La BCE, sempre secondo Wieladek, potrebbe quindi essere costretta a rialzare nuovamente i tassi o a mantenere la politica restrittiva più a lungo, favorendo un aumento dei rendimenti obbligazionari globali.

Comunque, da un certo punto di vista, ulteriori rialzi da parte della Banca centrale europea non sarebbero necessariamente indigesti dal mercato (purché le tempistiche siano chiare). Il perché lo ha spiegato Robert Holzmann, governatore della banca centrale austriaca e quindi membro del consiglio direttivo della BCE: «È meglio raggiungere un picco più velocemente, il che significa anche che alla fine potremo iniziare a scendere prima».

Il fatto certo è che, per investire in maniera strategica, bisogna continuamente monitorare gli “occhi delle banche centrali”, per capire il loro sguardo sulla realtà.