Future Mirror – Il metaverso scatena la finanza

Sempre più spesso sentiamo parlare di “metaverso”, ma sappiamo veramente di cosa si tratta? Il termine è stato introdotto da Neal Stephenson in Snow Crash, libro di fantascienza del 1992, e indicava una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove gli utenti erano rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. Dalla pubblicazione dell’opera a oggi, tuttavia, la medesima parola ha assunto vari significati a seconda del contesto.

Basti pensare a Niantic, la società californiana che sviluppa software e soluzioni di Realtà Aumentata (AR), che si propone di creare il «metaverso del mondo reale». Un progetto che sta attirando ingenti capitali, considerando che recentemente ha raccolto 300 milioni di dollari dal gruppo di investimenti Coatue, a fronte di una valutazione di 9 miliardi. «A differenza di un metaverso di fantascienza, un metaverso del mondo reale utilizzerà la tecnologia per migliorare la nostra esperienza del mondo come lo conosciamo da migliaia di anni», ha spiegato John Hanke, fondatore e Ceo di Niantic.

Facciamo un esempio concreto: la società con sede a San Francisco, tra le altre cose, è la sviluppatrice di Pokémon Go, il gioco che tramite smartphone (e grazie a realtà aumentata e geolocalizzazione con GPS) consente agli utenti di catturare le famose creature fantastiche girovagando nel mondo reale. Un concetto totalmente diverso da chi concepisce il metaverso come il luogo digitale dove si entra, per esempio, sfruttando i visori di realtà virtuale (VR), che per Hanke sono un «incubo distopico». Al contrario, «in Niantic crediamo che gli umani siano i più felici quando il loro mondo virtuale li porta a uno fisico».

I fondi raccolti dalla società serviranno soprattutto per potenziare l’ARDK (AR Developer Kit), il sistema della società che rende gli strumenti per sviluppare giochi ed esperienze AR pubblici e gratuiti, purché si abbia una conoscenza di base del motore di gioco Unity. Una soluzione che è già stata utilizzata da aziende come Universal Pictures, Warner Music Group, Coachella, Historic Royal Palaces, SoftBank e PGA of America. La società californiana «sta costruendo una piattaforma per l’AR basata su una mappa 3D del mondo, che riteniamo svolgerà un ruolo fondamentale nella prossima transizione dell’informatica», ha sottolineato Matt Mazzeo, general partner di Coatue. «Siamo entusiasti di collaborare con Niantic perché vediamo che questa infrastruttura supporta un metaverso per il mondo reale e accelera la prossima evoluzione di Internet».

Certo, anche questo settore, per quanto affascinante, non è esente da problemi. Il nuovo gioco di Niantic, Pikmin Bloom, è progettato attorno al camminare, e può essere alienante per i giocatori anziani o disabili. Un tema che si è presentato anche con Pokémon GO e che dovrà essere affrontato per non precludere a nessuno il metaverso.

Alla visione di Hanke si oppone quella di Mark Zuckerberg, che non a caso ha ribattezzato il nome aziendale di Facebook in Meta. Per lui il metaverso è uno spazio virtuale in 3D in cui sarà possibile lavorare, giocare e interagire con altre persone. La qualità distintiva «sarà una sensazione di presenza, come se fossi proprio lì con un’altra persona», ha scritto Zuckerberg in una lettera pubblicata sul sito della società. Meta, nelle intenzioni del suo amministratore delegato, dovrà diventare il distributore per eccellenza di piattaforme, software e servizi utili a vivere esperienze interamente virtuali. In futuro, ha aggiunto, «sarai in grado di teletrasportarti istantaneamente come un ologramma per essere in ufficio senza doverti spostare, a un concerto con gli amici o nel soggiorno dei tuoi genitori a chiacchierare».

Dichiarazioni che sono state oggetto di critiche e meme, in quanto ritenute da molti eccessive. Inoltre, la scelta di lanciare Meta è apparsa sospetta per le tempistiche. Per alcune persone è stato un tentativo di sviare l’attenzione dalla recente pubblicazione dei “Facebook Papers”, documenti interni che hanno mostrato i fallimenti nel contenere la disinformazione e l’incitamento all’odio su Facebook. E anche il disinteresse nel contrastare i disagi psicologici provocati sugli adolescenti da Instagram, per inadeguatezza di mezzi tecnici e per non rischiare di limitare i profitti. Al di là di questa vicenda, il metaverso (sotto le più svariate forme) è comunque destinato a far parlare ancora di sé.