Equilibri precari

“Cospargetelo di tutti i beni del mondo, sprofondatelo nella felicità finché non gli arrivi fin sopra la testa; dategli una tale tranquillità economica, che non gli rimanga proprio nient’altro da fare se non dormire, mangiare pasticcini e adoperarsi perché la storia universale non finisca: bene, anche così l’uomo, da quel bel tipo che è, vi combinerà una qualche porcheria. La più antieconomica delle assurdità, all’unico scopo di poter mescolare a tutta questa positiva ragionevolezza il proprio rovinoso elemento fantasticoL’uomo è tanto incline alla sistematicità e alla deduzione astratta che è pronto a deformare premeditatamente la verità, pronto a chiudere occhi ed orecchi, pur di giustificare la propria logica.

“Dostoevskij non racconta la realtà ma l’esistenza, analizza il campo delle possibilità, tutto quello che l’uomo può divenire o di cui è incapace”, tratto da Equilibri precari sul filo della creazione di Claudia Di Natale.

Più si sale in montagna e più il sentiero diventa stretto, le pareti ripide e scoscese. Meglio non guardare in basso per chi soffre di vertigini.  Dostoevskij fa lo stesso mestiere dello scalatore quando arriva nel più profondo dell’anima dei suoi personaggi, spogliandoli di maschere per rilevare anche ciò che loro non ammetterebbero a sé stessi. In alcuni rivela paure recondite, in altre meschinità, in tutti quell’elemento fantastico in grado di deformare premeditamente la realtà pur di giustificare la propria logica.

I mercati sono sul tetto del mondo. Ora qualcuno inizia a guardare in basso, inizia a provare le vertigini. Quel desiderio di lasciarsi andare, legata a una distorsione della percezione sensoriale. Altri si raccontano analisi che poco hanno a che fare con la realtà, più con il possibile: Impeachment, rialzo dei tassi, esplosione del debito. Equilibri precari, ma non reali, solo scenari possibili.

La procedura per l’impeachment è macchinosa, sono richieste rigide maggioranze, oltre i due terzi al Senato, prove incontrovertibili, schiaccianti. Mai nessun presidente Usa è stato rimosso per impeachment. Nei fatti è solo un’arma politica, sventolata dalle opposizioni per ostacolare il neo presidente Trump. A perdere l’equilibrio non sarà la poltrona di Trump, i dubbi si riverseranno sulla rapidità con cui la sua politica economica, taglio delle tasse e spinta inflazionistica, verrà applicata. Wall Street si era già portata avanti, puntando la sua fiche sulla rapida implementazione della Trumpeconomy, ma non sarà così. Il presidente è ora indebolito.

L’equilibrio fragile secondo il Centro studi su budget congressuale è quello dei conti pubblici Usa: la Trump-economy costa 3.500 miliardi di dollari e spingerebbe il debito americano, in trent’anni, oltre il 200% del Pil.

Fragilità si leggono anche sul fronte del debito privato Usa, che ha raggiunto un nuovo record a 12.700 miliardi, sopra i top del 2008. Il 71% del debito privato è generato da mutui, l’11% dai prestiti bancari agli studenti per pagarsi l’università, 9% dalle rateizzazioni per l’acquisto dell’auto. Questo dato da un lato indica forte fiducia, dall’altro mostra il ventre scoperto in caso di rialzo dei tassi.

Il tema dei tassi, mai esplicitato era leitmotiv in tutto il discorso di Mario Draghi, all’università di Tel Aviv. Il Presidente della Bce ha dichiarato che “La crisi economica dell’Eurozona è alle spalle, la crescita è doppia rispetto a quella degli Usa”. Ergo quantitative easing o tassi andranno rivisti. Capiamoci, un’ottima notizia sul fronte economico ma significa tensione per i Paesi periferici, vedi Italia, Portogallo, Grecia, sul fronte della gestione dell’enorme debito pubblico.

A rincarare la dose sono le indiscrezioni secondo cui in Germania già si lavora al nome del prossimo sostituto di Mario Draghi, in scadenza nel 2019. C’è tempo ma le indiscrezioni fanno già tremare: Jens Weidmann, che in questi anni, senza esclusione di colpi, ha attaccato la politica espansiva della Bce. Aggiungete poi le dichiarazioni di Angela Merkel secondo cui l’euro è sottovalutato e l’autunno appare caldo, molto caldo.

L’ultimo fronte rimane il greggio con Trump che punta a dimezzare le scorte Usa, ovvero abbassare ancora i prezzi, mettendo sotto pressione la politica di Opec e Russia che al contrario cercano nuovi accordi per un taglio della produzione.

Stiamo parlando ancora di scenari, di possibilità, non della realtà. Stiamo parlando di vertigini. Dostoevskij entrava nell’intimo dei personaggi descrivendone paure ma anche desideri reconditi. I mercati sui massimi devono affrontare le loro paure e i loro desideri. Lo stesso vale per noi gestori. E’ un equilibrio importante da mantenere. Bisogna continuare a camminare in cresta. Godersi l’aria sottile ma non guardare in basso, poggiando però i piedi sulla parte solida del terreno evitando quella scoscesa.

Da inizio anno abbiamo ribilanciato le posizioni tra Stati Uniti e Europa convinti che il Vecchio Continente fosse pronto a recuperare il gap cumulato. Abbiamo mantenuto posizioni sulle società tech e di maggiore qualità in Usa, continuiamo a credere in questa strategia per camminare in cresta. Ora è necessario, come avverte lo scrittore russo, non deformare la realtà spinti da paure e desideri, rimanere concentrati sui numeri e sulla qualità. Crediamo che questa sia la fase dello stock picking, selezionare con cura, focalizzandosi su produttività e innovazione, robotica, fintech, big data e cybersecurity. In una fase di crescita economica si guarda oltre il presente.