È arrivato il momento

«Durante un discorso per lanciare la sua candidatura alla Presidenza aveva spiegato i motivi perché per cui aveva deciso di scendere in campo […] Da lì in poi, “è arrivato il momento” era diventato il grido della campagna elettorale».

 

Citazione tratta da Miss President, di Tara Sue Me

 

 

«È arrivato il momento» è una frase d’impatto che segna un punto di svolta, tanto che, nel libro ‘Miss President’ di Tara Sue Me, diventa uno slogan. Ed è la stessa frase che ha usato il numero uno della Federal Reserve, Jerome Powell, durante il recente simposio di Jackson Hole, indicando che per la Banca centrale statunitense è tempo di un cambio di rotta. Il riferimento è naturalmente al taglio dei tassi di interesse.

 

I motivi che hanno portato a questo momento sono diversi. La crescente debolezza del mercato del lavoro e l’inflazione, che dopo oltre un anno di tassi ai massimi storici, sembra avviata verso l’obiettivo del 2 per cento: una dinamica che  non ha lasciato dubbi alla Federal Reserve. La fine della stretta e l’inversione di tendenza con un taglio dei tassi è ormai alle porte: le dichiarazioni di Powell, in sostanza, annunciano un allentamento che molto probabilmente partirà dalla prossima riunione di settembre.

 

«I rischi al rialzo per l’inflazione sono diminuiti. E i rischi al ribasso per l’occupazione sono aumentati», ha detto Powell alla celebre conferenza economica annuale che si tiene nel Wyoming. «È arrivato il momento che la politica si adegui. La direzione di marcia è chiara e i tempi e il ritmo dei tagli dei tassi dipenderanno dai dati in arrivo, dalle prospettive in evoluzione e dall’equilibrio dei rischi».

 

Facendo riferimento ai due obiettivi che la Banca centrale statunitense deve perseguire (piena occupazione e inflazione tendente al 2%), Powell ha sottolineato che la sua «fiducia è cresciuta sul fatto che l’inflazione sia su un percorso sostenibile per tornare al 2%», dopo essere salita a circa il 7% durante la pandemia di coronavirus, mentre la disoccupazione è in fase di incremento.

 

Il numero uno della Fed ha inoltre detto che il rialzo di quasi un punto percentuale nel tasso di disoccupazione nell’ultimo anno è dovuto in gran parte all’aumento dell’offerta di lavoro e al rallentamento delle assunzioni, non all’aumento dei licenziamenti. E ha poi toccato un altro punto: la Federal Reserve è determinata a impedire qualsiasi ulteriore aumento della disoccupazione.

 

L’attuale tasso di disoccupazione del 4,3% è più o meno sui livelli che la Fed considera adeguati con un’inflazione stabile nel lungo periodo. «Non cerchiamo né accogliamo con favore un ulteriore raffreddamento delle condizioni del mercato del lavoro», ha chiarito Powell. «Faremo tutto il possibile per sostenere un forte mercato del lavoro mentre facciamo ulteriori progressi verso la stabilità dei prezzi. Con un’adeguata riduzione della stretta, ci sono buone ragioni per pensare che l’economia tornerà al 2% di inflazione mantenendo al contempo un forte mercato del lavoro».

 

I commenti di Powell, in generale, sono stati accolti positivamente, poiché suonano come una sostanziale dichiarazione di vittoria sull’inflazione. Il rapido aumento dei prezzi ha portato la Fed a fare scelte drastiche, alzando  il tasso di riferimento da un livello prossimo allo zero all’attuale intervallo del 5,25%-5,50%, la forchetta più alta in un quarto di secolo.

 

La Banca centrale USA ha mantenuto i tassi ai massimi, anche se l’economia ha dovuto lottare contro le previsioni di recessione. Ma ora che il contesto dell’inflazione e del mercato del lavoro è cambiato, è arrivato il momento per avviare la manovra per un cosiddetto ‘atterraggio morbido’.

 

«Sebbene il compito non sia completato, abbiamo fatto molti progressi» verso il ritorno alla stabilità dei prezzi, ha detto Powell. Questo perché l’inflazione (ora al 2,5%) è ancora un poco più alta del livello target.

 

Le parole di Powell hanno così consolidato un cambio di rotta che la Federal Reserve ha anticipato in vari interventi e ha reso pubblico attraverso i verbali della riunione di luglio.  Difatti,  il mese scorso una «vasta maggioranza» dei membri del Federal Open Market Committee concordava che i tagli dei tassi sarebbero probabilmente iniziati a settembre.

 

Il numero uno della Fed, con le sue dichiarazioni, ha dato maggior forza a questo scenario. Va detto però che non ha  fornito – e non avrebbe potuto – ulteriori dettagli, sui tempi e sull’intensità dei prossimi tagli. Come capitato in precedenza nei suoi discorsi a Jackson Hole, gran parte dei commenti  sono stati di natura esplicativa.

 

Intanto, anche in Europa sembra essere giunto il momento per allentare la politica monetaria. Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia e membro del Consiglio della Banca Centrale Europea, ha recentemente consolidato tale scenario. «Ovviamente lo auspico», così il banchiere ha risposto, uscendo da un incontro del Meeting di Rimini, a chi gli chiedeva se volesse una riduzione dei tassi di interesse al prossimo direttivo della Bce in programma a settembre.