Cautela sì, nella giusta dose
- 26 Giugno 2025
- Posted by: VectorWM
- Categoria: Non categorizzato

«La cautela è spesso una virtù, ma nel tuo caso la porti troppo oltre.»
Citazione tratta da Creature grandi e piccole, di James Herriot
“Cautela” è una parola chiave per l’atteggiamento della Federal Reserve: quando si fanno scelte che impattano in maniera incisiva sul sistema economico-finanziario, è d’obbligo. E come scrive Herriot, «la cautela è spesso una virtù», l’importante è non portarla «troppo oltre».
Secondo il presidente americano, Donald Trump, bisogna tagliare i tassi d’interesse il prima possibile, ed è arrivato a insultare il presidente della Fed, Jerome Powell, definendolo uno «stupido». Il banchiere ha aperto a una sforbiciata sui tassi, ma ha anche detto che non c’è fretta. Lasciando trasparire dunque prudenza, ma non immobilismo, mentre altri membri della Fed hanno osato di più, ipotizzando un potenziale intervento già a luglio.
Ma concentriamoci sulle recenti parole di Powell, rilasciate in questi giorni durante delle audizioni al Congresso americano.
«I cambiamenti delle policy continuano a evolversi e i loro effetti sull’economia rimangono incerti. Gli effetti dei dazi dipenderanno, tra le altre cose, dal loro livello finale. Le aspettative su tale livello, e quindi sui relativi effetti economici, hanno raggiunto un picco ad aprile e da allora sono diminuite. Ciononostante, è probabile che gli aumenti dei dazi quest’anno facciano aumentare i prezzi e pesino sull’attività economica».
Powell ha inoltre aggiunto che sono aperti diversi potenziali scenari: «Gli effetti sull’inflazione potrebbero essere di breve durata, riflettendo una variazione una tantum del livello dei prezzi», ma «è anche possibile che gli effetti inflazionistici siano invece più persistenti. Evitare tale risultato dipenderà dall’entità degli effetti dei dazi, dal tempo necessario affinché si trasmettano completamente ai prezzi e, in ultima analisi, dal mantenimento di aspettative di inflazione a lungo termine ben ancorate».
Secondo Powell, il dovere della banca centrale è monitorare costantemente i dati e agire di conseguenza, evitando che un aumento una tantum di prezzi diventi persistente: «Nell’adempiere a tale obbligo – ha sottolineato – bilanceremo i nostri mandati di massima occupazione e stabilità dei prezzi, tenendo presente che, senza stabilità dei prezzi, non possiamo raggiungere i lunghi periodi di solide condizioni del mercato del lavoro che vanno a beneficio di tutti gli americani».
Un altro concetto importante ribadito da Powell: «Per il momento, siamo ben posizionati per attendere di saperne di più sul probabile andamento dell’economia prima di considerare eventuali modifiche alla nostra posizione politica». In estrema sintesi, secondo Powell i tassi potranno essere tagliati, ma bisogna ancora capire il momento migliore per farlo, aspettando nuovi dati macro.
Gli ultimi numeri a cui la Fed si attiene hanno mostrato dei parziali segnali di indebolimento dell’economia. Secondo Bloomberg, i trader valutando una probabilità del 15% per un taglio di un quarto di punto il mese prossimo, e si aspettano almeno due riduzioni entro fine anno.
«Il mercato sta passando alla fase successiva, che riguarda le scadenze tariffarie e le banche centrali», ha affermato Lilian Chovin, responsabile asset allocation di Coutts. «Siamo in una fase in cui una leggera perdita di slancio nella crescita è vista positivamente dai mercati, perché alimenta nuove aspettative di tagli ai tassi».
Gli esperti comunque ricordano che i rischi restano elevati, inclusa la possibilità di un ritorno delle tensioni geopolitiche e l’imminente scadenza sui dazi imposta dal presidente Donald Trump, ora a sole due settimane circa.
Qualora finisse la tregua (che sembra reggere, ma con molte incognite) e vi fosse un riaccendersi del conflitto tra Israele e Iran, lo scenario potrebbe essere pesante per l’economia USA. Soprattutto se venisse chiuso lo Stretto di Hormuz – cruciale per il petrolio – dal regime di Teheran. Ogni giorno nel 2024–2025, circa 20 milioni di barili passavano attraverso lo stretto: vale a dire circa il 20 % della produzione mondiale di petrolio. Dunque, se venisse chiuso il prezzo della materia prima schizzerebbe in alto.
«La cautela è spesso una virtù, ma nel tuo caso la porti troppo oltre.»
Citazione tratta da Creature grandi e piccole, di James Herriot
“Cautela” è una parola chiave per l’atteggiamento della Federal Reserve: quando si fanno scelte che impattano in maniera incisiva sul sistema economico-finanziario, è d’obbligo. E come scrive Herriot, «la cautela è spesso una virtù», l’importante è non portarla «troppo oltre».
Secondo il presidente americano, Donald Trump, bisogna tagliare i tassi d’interesse il prima possibile, ed è arrivato a insultare il presidente della Fed, Jerome Powell, definendolo uno «stupido». Il banchiere ha aperto a una sforbiciata sui tassi, ma ha anche detto che non c’è fretta. Lasciando trasparire dunque prudenza, ma non immobilismo, mentre altri membri della Fed hanno osato di più, ipotizzando un potenziale intervento già a luglio.
Ma concentriamoci sulle recenti parole di Powell, rilasciate in questi giorni durante delle audizioni al Congresso americano.
«I cambiamenti delle policy continuano a evolversi e i loro effetti sull’economia rimangono incerti. Gli effetti dei dazi dipenderanno, tra le altre cose, dal loro livello finale. Le aspettative su tale livello, e quindi sui relativi effetti economici, hanno raggiunto un picco ad aprile e da allora sono diminuite. Ciononostante, è probabile che gli aumenti dei dazi quest’anno facciano aumentare i prezzi e pesino sull’attività economica».
Powell ha inoltre aggiunto che sono aperti diversi potenziali scenari: «Gli effetti sull’inflazione potrebbero essere di breve durata, riflettendo una variazione una tantum del livello dei prezzi», ma «è anche possibile che gli effetti inflazionistici siano invece più persistenti. Evitare tale risultato dipenderà dall’entità degli effetti dei dazi, dal tempo necessario affinché si trasmettano completamente ai prezzi e, in ultima analisi, dal mantenimento di aspettative di inflazione a lungo termine ben ancorate».
Secondo Powell, il dovere della banca centrale è monitorare costantemente i dati e agire di conseguenza, evitando che un aumento una tantum di prezzi diventi persistente: «Nell’adempiere a tale obbligo – ha sottolineato – bilanceremo i nostri mandati di massima occupazione e stabilità dei prezzi, tenendo presente che, senza stabilità dei prezzi, non possiamo raggiungere i lunghi periodi di solide condizioni del mercato del lavoro che vanno a beneficio di tutti gli americani».
Un altro concetto importante ribadito da Powell: «Per il momento, siamo ben posizionati per attendere di saperne di più sul probabile andamento dell’economia prima di considerare eventuali modifiche alla nostra posizione politica». In estrema sintesi, secondo Powell i tassi potranno essere tagliati, ma bisogna ancora capire il momento migliore per farlo, aspettando nuovi dati macro.
Gli ultimi numeri a cui la Fed si attiene hanno mostrato dei parziali segnali di indebolimento dell’economia. Secondo Bloomberg, i trader valutando una probabilità del 15% per un taglio di un quarto di punto il mese prossimo, e si aspettano almeno due riduzioni entro fine anno.
«Il mercato sta passando alla fase successiva, che riguarda le scadenze tariffarie e le banche centrali», ha affermato Lilian Chovin, responsabile asset allocation di Coutts. «Siamo in una fase in cui una leggera perdita di slancio nella crescita è vista positivamente dai mercati, perché alimenta nuove aspettative di tagli ai tassi».
Gli esperti comunque ricordano che i rischi restano elevati, inclusa la possibilità di un ritorno delle tensioni geopolitiche e l’imminente scadenza sui dazi imposta dal presidente Donald Trump, ora a sole due settimane circa.
Qualora finisse la tregua (che sembra reggere, ma con molte incognite) e vi fosse un riaccendersi del conflitto tra Israele e Iran, lo scenario potrebbe essere pesante per l’economia USA. Soprattutto se venisse chiuso lo Stretto di Hormuz – cruciale per il petrolio – dal regime di Teheran. Ogni giorno nel 2024–2025, circa 20 milioni di barili passavano attraverso lo stretto: vale a dire circa il 20 % della produzione mondiale di petrolio. Dunque, se venisse chiuso il prezzo della materia prima schizzerebbe in alto.
Per l’economia americana «sarebbe un po’ un doppio colpo. Prima c’è lo shock stagflazionistico dovuto alle tariffe. E poi un potenziale shock petrolifero», ha dichiarato alla CNN Alan Blinder, professore di economia all’Università di Princeton ed ex alto funzionario della Federal Reserve.