Agire di conseguenza

«Quando si crede in qualcosa, bisogna agire di conseguenza, non si può tenere il piede in due staffe.»

Citazione tratta da La spada di Shannara, di Terry Brooks

                                                                                                                

Gli investitori che operano con successo mostrano coerenza tra le proprie aspettative e le azioni che ne derivano, senza ambiguità. Perché, come scrive Terry Brooks, «quando si crede in qualcosa, bisogna agire di conseguenza, non si può tenere il piede in due staffe». C’è però una questione fondamentale su cui soffermarsi: in cosa credere? Andando ancor più nello specifico, una delle domande più attuali è sicuramente “bisogna credere nel taglio dei tassi da parte banche centrali”? E con quali modalità?

Solo avendo bene a mente il probabile scenario futuro si potrà poi agire di conseguenza, con una strategia di portafoglio adeguata. Ed è qui che entra in gioco l’aggiornamento sulle prossime mosse della Federal Reserve elaborato dagli esperti di PIMCO. Il colosso statunitense della gestione di investimenti ha infatti variato le aspettative sul taglio dei tassi di interesse da parte della FED per quest’anno, dopo i recenti dati che hanno mostrato che l’economia statunitense, il mese scorso, ha creato più posti di lavoro rispetto alle attese.

«Avevamo previsto due o tre tagli quest’anno e ora il nostro scenario di base è molto probabilmente di due tagli», ha dichiarato a Reuters Mike Cudzil, amministratore delegato e gestore di portafoglio generalista di PIMCO.

In particolare, i dati rilasciati venerdì scorso hanno mostrato che i nonfarm payrolls – ovvero l’occupazione considerando tutti i posti di lavoro ad eccezione del settore agricolo – sono cresciuti di 303.000 unità, rispetto alle aspettative di un aumento di 200.000. Tale risultato è inoltre arrivato sulla scia di una serie di analisi che mostrano come l’attività economica degli USA si stia dimostrando più resistente agli alti tassi di interesse di quanto molti avessero previsto.

«Questo significa un po’ meno interventi da parte della FED, e questo è un bene, l’economia sta dimostrando per ora di poter gestire tassi più alti», ha detto Cudzil. Nell’ambito dei titoli di Stato, a stretto giro dalla pubblicazione dei dati sui nonfarm payrolls, i rendimenti dei Treasury statunitensi sono saliti.

Relativamente al taglio dei tassi, secondo i dati del CME Group, le aspettative per una prima sforbiciata di 25 punti base a giugno si sono attestate al 51% venerdì scorso, in calo rispetto al 59% del giorno precedente. Inoltre, Cudzil ha ricordato che, all’inizio di quest’anno, gli operatori si aspettavano un totale di 150 punti base di tagli nel 2024, mentre ora la previsione è scesa a 67 punti base.

Negli ultimi mesi PIMCO ha infatti modificato la strategia di portafoglio, ritenendo che il mercato fosse troppo ottimista sui tagli dei tassi di quest’anno. Tuttavia, altri operatori di mercato, anche dopo i dati sui nonfarm payrolls, hanno continuato ad attenersi alle precedenti stime di tre tagli dei tassi quest’anno, perché prevedono che l’inflazione si modererà nonostante la netta crescita dei posti di lavoro.

«Sebbene eccezionalmente forte, il rapporto sull’occupazione è coerente con l’inizio dell’allentamento della FED a giugno», hanno dichiarato in una nota gli analisti di BofA Securities. Mentre Rick Rieder, chief investment officer di BlackRock, pensa sia meglio attendere ancora un po’ prima di capire in cosa credere. In particolare, ha detto che «le aspettative devono essere comprese tra i due e i tre tagli, e credo che i dati di oggi spostino l’ago della bilancia leggermente verso i due». Sottolineando che ora bisogna dare massima attenzione alle letture sull’inflazione dei prossimi mesi.

 L’istituto più “intraprendente” ad oggi è sicuramente la Banca nazionale svizzera, la prima tra le grandi banche centrali ad aver tagliato i tassi d’interesse. Infatti, lo scorso mese ha deciso la riduzione di 0,25 punti percentuali, arrivando così all’1,5%. «L’allentamento della nostra politica monetaria è stato possibile perché la lotta contro l’inflazione negli ultimi due anni e mezzo è stata efficace», ha affermato il presidente della Banca nazionale svizzera, Thomas Jordan, durante l’annuncio della sforbiciata.

Secondo le previsioni, l’inflazione elvetica quest’anno sarà pari all’1,4%, per poi scendere all’1,2% il prossimo anno e all’1,1% nel 2026. Parliamo dunque di valori inferiori al 2%, ovvero la soglia sotto la quale l’aumento dei prezzi non è ritenuto problematico per l’economia. Adesso non resta che continuare a monitorare l’andamento macro e agire di conseguenza.