20mila leghe sotto i mari. Wall Street è un altro mondo

 “Voi amate il mare, capitano?
Nemo: Sì! L’amo! Il mare è tutto. Copre i sette decimi del globo terrestre. Il suo respiro è puro e sano. È l’immenso deserto dove l’uomo non è mai solo, poiché sente fremere la vita accanto a sé. Il mare non è altro che il veicolo di un’esistenza soprannaturale e prodigiosa; non è che movimento e amore, è l’infinito vivente, come ha detto uno dei vostri poeti. Infatti, professore, la natura vi si manifesta coi suoi tre regni: minerale, vegetale, animale” tratto da 20mila Leghe sotto i mari di Jules Verne.

Vista dall’altra parte dell’Oceano Wall Street è un altro mondo. L’S&P500 questa settimana ha toccato il record assoluto volando ad una capitalizzazione di 20mila miliardi di dollari, più di tutto il Pil Usa. A guidare le Borse americane è il neo presidente Donald Trump, oscuro come il capitano Nemo del Nautilus ma altrettando bravo a traghettare gli indici americani in territori inesplorati.  Gli investitori scommettono che il forte taglio delle tasse promesso da Trump  favorirà le aziende e i consumatori, lasciando loro più soldi da spendere in portafoglio e quindi una nuova spinta ai consumi e l’inflazione. A questo si aggiunge anche un allentamento della riforma di Wall Street che dovrebbe favorire l’erogazione di credito, consentendo agli americani di avere accesso a finanziamenti e prestiti cruciali per la crescita.

A certificare l’ottimo stato si salute dell’economia americana è il presidente della Fed, Janet Yellen, secondo cui, il comitato monetario della Banca centrale Usa predenderà in considerazione un rialzo dei tassi di interesse perché l’economia «continua ad espandersi a passo moderato» ed aspettare troppo prima di rendere la politica monetaria meno accomodante «potrebbe essere poco saggio». Yellen pensa che non si debba obbligare la Fed a un giro di vite repentino, i rialzi dovrebbero essere graduali.  Se il mercato del lavoro continuerà a progredire come la Fed si aspetta e l’inflazione continuerà a muoversi verso l’obiettivo del 2% considerato ottimale, rialzi graduali sono benvenuti. Secondo Yellen alcune politiche allo studio della nuova amministrazione  potrebbero aumentare la produttività e la crescita. Allo stesso tempo potrebbero però avere un effetto sul deficit e sul debito: “la traiettoria dei conti pubblici americani non è sostenibile”. Yellen ha anche affrontato il tema caldissimo dell’immigrazione, dopo il bando temporaneo – congelato dalla magistratura – all’ingresso negli Stati Uniti di rifugiati e cittadini di 7 Paesi africani e mediorientali. «Rallentare l’immigrazione farebbe rallentare anche la crescita economica», ha avvertito. Immediata la reazione sull’euro che scivola a 1.057 sul biglietto verde.

Europa: l’insostenibile leggerezza dell’essere

Su un tema non siamo rimasti indietro o meglio siamo in corsa anche noi: l’immigrazione. Solo che da noi questo tema rischia di spaccare l’Europa, il cui concetto sta diventando talmente leggero da risultare quasi insostenibile.  Da una parte Schulz umilia nei sondaggi la granitica posizione di Angela Merkel, parlando di più Europa. Dall’altro lato Marine Le Pen vola nei sondaggi dicendo l’esatto opposto del candidato tedesco. La stessa ondata di populismo europeo appare effimera come la coesione dei loro programmi. In Francia si parla di statalismo assoluto, democrazia diretta e stato leggero al Nord. In Italia non lo sanno neanche loro, In Spagna il populismo è molto più a sinistra rispetto agli altri Paesi europei.

Leggera anche Angela Merkel quando parla di moneta. E’ bastato  un incontro con Mario Draghi che quell’idea di Europa a due velocità si è vaporizzata. Cosa potrà mai averle detto per convincerla il presidente della Bce? Forse, che da quando c’è l’Euro la bilancia commerciale tedesca miete nuovi record: 252 miliardi di quest’anno, oltre il 9% del Pil tedesco, ma non lo sapeva?

Qualcuno crede che i mercati di fronte a questa alta volatilità politica abbiano già gli anticorpi e proseguano dritti per la loro strada, convinti che le banche centrali, nel caso facciano la loro parte. Nessuno prende davvero in considerazione che un’uscita della Francia dall’Euro metterebbe in discussione la moneta unica stessa e dunque la banca centrale. Il 68% dei francesi è a favore dell’Euro. Cosa stamperebbe Draghi?

 

Madame Le Pen ha già fatto i conti. Svalutazione francese limitata al 20 per cento se l’euro si scioglie, franco libero di andare dove vuole se l’euro rimane in vita. Banque de France riportata sotto il controllo politico, quantitative easing di 100 miliardi di franchi l’anno (40 di buy-back del debito, 30 per il welfare, 30 per la politica industriale) e tasso-obiettivo per l’Oat decennale compreso tra il 2 e il 3 per cento. Beata lei che riesce ad essere così precisa. Migliaia di macroeconomisti non saprebbero  nemmeno immaginarsi come calcolare l’effetto di una rottura dell’Euro sui tassi di cambio figuriamoci sul rendimento del decennale. Forse in politica è un po’ sprecata.

I nostri portafogli non possono essere volatili come la politica europea. Rimanere ben bilanciati e investire globalmente sta premiando. Per gli azzardi in Europa c’è tempo, almeno fino a dopo le elezioni.