🇨🇭SWISS MIRROR – La “time bank” elvetica

Non se ne è parlato molto, ma da quest’anno la Svizzera ha una “banca del tempo”. E bisognerebbe parlarne di più, perché riguarda una tematica essenziale: l’invecchiamento della popolazione. In sostanza, il Ministero della Salute svizzero ha lanciato il concetto di banca del tempo per indicare un nuovo programma di assistenza agli anziani.

Grazie a tale iniziativa, le persone possono fare volontariato per prendersi cura degli anziani che necessitano di assistenza, e il numero di ore (tempo) che trascorrono con loro vengono depositate (come fosse una banca) sul proprio conto previdenziale individuale. Alla fine, quando il volontario raggiungerà la vecchiaia, e a sua volta avrà bisogno di supporto, potrà convertire le ore depositate in questa banca del tempo per essere assistito da un volontario gratuitamente.

Fondamentalmente, la “time bank” è dunque un sistema di baratto che permette alle persone di “depositare” e “ritirare” il proprio tempo; per esempio, se nel corso della mia vita ho fatto duemila ore di volontariato, durante la vecchiaia avrò diritto a duemila ore di assistenza gratuite.

I servizi basati sul tempo che si possono fornire ai bisognosi includono diverse possibilità: dalla semplice compagnia al taglio dei capelli, dal giardinaggio al tutoraggio o qualsiasi altro lavoro che richiede tempo. La time bank tiene infatti traccia della quantità di tempo speso per fornire il servizio, a prescindere dalla tipologia.

Oltre alla Svizzera, anche altri Paesi si sono fatti avanti e hanno iniziato a utilizzare, con diversi approcci, il concetto di banca del tempo, tra cui il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Giappone e la Nuova Zelanda.

Ma tornando a concentrarci sulla Confederazione, bisogna ricordare che siamo alle porte di un altro momento cruciale circa l’invecchiamento della popolazione. Il 25 settembre sarà sottoposta al voto popolare una nuova revisione dell’Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS), che rientra nel primo pilastro del sistema pensionistico svizzero.

È una forma di previdenza obbligatoria e si basa sostanzialmente sui contributi delle persone attive e dei datori di lavoro, e il suo fine è quello di garantire un livello di vita minimo a chi va in pensione. Oggi però bisogna fare i conti con l’aumento dell’aspettativa di vita, che rischia di minare la sostenibilità finanziaria dell’AVS sul lungo termine.

Nel corso degli anni, per trovare una soluzione a questo problema, i governi avevano già elaborato due proposte di riforma. Entrambe si basavano sull’aumento dell’età di pensionamento delle donne (da 64 a 65 anni). Il primo progetto è stato però bocciato dagli elettori nel 2004, e il secondo nel 2017.

Con la prossima votazione, gli elettori saranno chiamati a valutare due questioni legate alla nuova riforma, chiamata AVS21: un aumento dell’imposta sul valore aggiunto (+0,4 punti percentuali di IVA) e una modifica della Legge federale sull’AVS. Per l’approvazione di tale iniziativa sono necessari due “sì”.

Ma cosa è cambiato rispetto alla precedente riforma, cestinata nel 2017? Allora, il progetto legislativo andava a toccare sia il primo pilastro (AVS) che il secondo (previdenza professionale). Ma, alla luce del fallimento alle urne, il governo attuale ha deciso di scorporare i due progetti.

AVS21, pertanto, riguarda solo l’assicurazione vecchiaia e superstiti. Il principale punto in comune tra le due iniziative è l’innalzamento dell’età di pensionamento delle donne, che sarà parificata a quella degli uomini (sempre da 64 a 65 anni). Una differenza riguarda le misure di compensazione: nella proposta bocciata erano previste per tutti i futuri pensionati e pensionate, la riforma attuale invece le limita a una sola generazione di donne.

Se vogliamo fare un confronto con i Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), la maggior parte dei membri ha già incrementato l’età di pensionamento e ha standardizzato l’orizzonte temporale tra i due sessi.

La riforma prevede anche una certa flessibilità: l’età pensionabile, in alcuni casi, potrà variare tra i 63 e i 70 anni, con la possibilità di ricevere solo una parte della rendita; l’obiettivo è incoraggiare le persone a rimanere attive anche oltre la soglia di riferimento dei 65 anni. Il 25 settembre i cittadini decideranno se accettare o bocciare anche la nuova proposta. Mentre la time bank è già pronta per fare la sua parte.