L’aspettazione delle cose belle

«Fu una giornata memorabile e felice: come tutte le grandi ore fatte di speranza, aspettazione delle cose belle che sicuramente verranno ma che ancora non sono.»

Citazione tratta da Il colombre: e altri cinquanta racconti, di Dino Buzzati

 

Ogni volta che parlano le banche centrali, il desiderio di tutti gli investitori è quello di vivere «una giornata memorabile e felice», costituita da «grandi ore fatte di speranza» in cui i banchieri annunciano la propria «aspettazione delle cose belle che sicuramente verranno ma che ancora non sono». Però, spesso, la realtà è più complessa e porta a muoversi con cautela, anche quando si delineano dei miglioramenti.

Basti vedere il recente discorso di Jerome Powell, presidente della Fed, all’audizione presso il Committee on Banking, Housing, and Urban Affairs del Senato statunitense. «Negli ultimi due anni, l’economia ha compiuto notevoli progressi verso l’obiettivo di inflazione del 2% della Federal Reserve e le condizioni del mercato del lavoro si sono raffreddate pur rimanendo forti», ha spiegato il banchiere. Powell ha poi sottolineato che «i rischi legati al raggiungimento dei nostri obiettivi in materia di occupazione e inflazione stanno raggiungendo un migliore equilibrio». Dunque, la politica monetaria restrittiva sta contribuendo a riequilibrare le condizioni di domanda e offerta e ad esercitare pressioni al ribasso sull’inflazione, tuttavia il presidente della Fed ha detto che «non ci aspettiamo che sarà opportuno ridurre l’intervallo obiettivo per il tasso dei federal funds finché non avremo acquisito maggiore fiducia che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso il 2%».

Insomma, c’è “speranza” ma “l’aspettazione delle cose belle” non è un qualcosa da dare ancora per scontato. Powell ha quindi preso tempo, spiegando che «continuiamo a prendere decisioni incontro dopo incontro. Sappiamo che ridurre le restrizioni politiche troppo presto o troppo potrebbe bloccare o addirittura invertire i progressi che abbiamo visto sull’inflazione».

Ma bisogna stare attenti anche al rovescio della medaglia. Perché «ridurre le restrizioni politiche troppo tardi o troppo poco potrebbe indebolire indebitamente l’attività economica e l’occupazione». Attualmente, gli indicatori più recenti hanno evidenziato che l’economia statunitense continua ad espandersi a un ritmo sostenuto, anche se la crescita del prodotto interno lordo sembra essersi attenuata nella prima metà di quest’anno, dopo l’impressionante forza del secondo semestre 2023.

Nel mercato del lavoro, ha poi precisato Powell, «un’ampia serie di indicatori» ha messo in evidenza «che le condizioni sono tornate ai livelli in cui si trovavano alla vigilia della pandemia: forti, ma non surriscaldate. Il tasso di disoccupazione è aumentato, ma a giugno era ancora al livello basso del 4,1%. Gli aumenti di posti di lavoro sono stati in media di 222.000 posti di lavoro al mese nella prima metà dell’anno».

Considerando il doppio mandato della Fed, che oltre alla gestione dell’inflazione deve perseguire la piena occupazione, quale livello di disoccupazione potrebbe far scattare l’allarme? Come riportato da Wall Street Italia, David Pascucci (Analista dei Mercati per XTB) ha detto che  possiamo «prendere ad esempio la Sahm Rule, una regola creata da Claudia Sahm, economista della Federal Reserve che ha creato un indicatore di recessione proprio utilizzando il tasso di disoccupazione». Ebbene, oggi siamo in pratica a un passo dalla soglia di recessione di tale regola. Pascucci ha quindi aggiunto che si attende «un ulteriore peggioramento del tasso di disoccupazione, così come stiamo vedendo da qualche mese a questa parte, per poter vedere cosa deciderà la Fed già il 31 luglio, quando saranno usciti gli altri dati relativi alle richieste di sussidi di disoccupazione, queste ultime in forte aumento dal 2019».

Quello che sappiamo con certezza è che il pressing dei politici sulla banca centrale è in aumento. «Sono preoccupato che se la Fed aspetta troppo a lungo ad abbassare i tassi, potrebbe annullare i progressi fatti nella creazione di posti di lavoro ben pagati», ha detto a Powell il senatore Sherrod Brown durante l’audizione. Ma con altrettanta certezza sappiamo che la banca centrale non è un organo politico ed è intenzionata a tutelare la sua indipendenza. Pertanto, l’aspettazione di un taglio dei tassi è giustificata, ma è ancora presto per sapere con ragionevole sicurezza quali saranno le tempistiche precise e la forza dei futuri tagli.