Swiss Mirror – L’EMPA scende in campo per il tessile ecologico

Fare in modo che il tessile sia sostenibile senza rinunciare all’efficacia dei capi d’abbigliamento impermeabili: è una sfida tanto importante quanto complicata. Ma una luce di ottimismo arriva dall’ecosistema svizzero, grazie all’attività dell’EMPA, ovvero l’istituto nato dal Politecnico Federale di Zurigo nel 1880 con focus sull’innovazione dei materiali, e che oggi è arrivato a coprire molteplici aree di ricerca, dalla sanità alla nanotecnologia.

Una delle nuove missioni è chiara: lottare contro l’utilizzo delle sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS). Si tratta di composti sintetici a base di fluoro che nei decenni scorsi hanno trovato larga diffusione nell’industria manifatturiera, poiché hanno la capacità di rendere tessuti e superfici impermeabili all’acqua e ai grassi. Negli anni Settanta, erano utilizzati in tantissimi campi per produrre oggetti di ogni genere, dalle padelle agli estintori.  Oggi però sappiamo che sono sostanze nocive per la salute e per l’ambiente (per esempio possono contaminare l’acqua), perciò è fondamentale sostituirle.

Il problema nel campo dell’abbigliamento è chiaro. I tessuti naturali non consentono di raggiungere il grado di impermeabilità richiesto per ottenere filati idrorepellenti. Così nella produzione di giacche per la pioggia, costumi da bagno e filati per tappezzeria capaci di resistere all’acqua vengono utilizzati i PFAS. Negli ultimi anni sono stati fatti diversi tentativi per eliminarli, ma le sostanze sostitutive, quando è possibile utilizzarle, risultano comunque problematiche per il loro impatto ambientale e sulla salute.

Un primo importante passo verso la possibile soluzione, come anticipato, lo sta facendo l’EMPA, in particolare la sezione con sede a San Gallo. I ricercatori, infatti, stanno collaborando con diverse aziende tessili svizzere per sviluppare processi alternativi ed ecologici al fine di rendere le fibre idrorepellenti senza alcun utilizzo di PFAS e altre sostanze nocive.

Come riportato da Innovando.it, Dirk Hegemann, esperto del laboratorio Advanced Fibers, ha spiegato che stanno utilizzando «i cosiddetti silossani altamente reticolati, che creano strati simili al silicone e, a differenza dei PFAS contenenti fluoro, sono innocui». Per il rivestimento delle fibre tessili, tali composti vengono atomizzati e attivati all’interno di un gas reattivo: attraverso questo procedimento, mantengono le loro proprietà funzionali e permettono di creare un rivestimento idrorepellente. Le fibre trattate con questo metodo innovativo possono poi essere usate nella produzione di tessuti di qualsiasi tipo.

Il processo sviluppato all’EMPA ha inoltre chiari vantaggi rispetto all’uso dei PFAS. In particolare, le proprietà idrofobiche vengono trasmesse in tutti i giri delle fibre intrecciate, anche nel caso di tessuti strutturati e complessi, arrivando fin dove le sostanze a base di fluoro non hanno avuto mai successo. Ma non è finita qui: con il metodo EMPA, rispetto ai PFAS, i tessuti assorbono meno acqua, si asciugano più velocemente e mantengono le proprietà idrorepellenti a lungo, anche sui tessuti più elastici, dimostrando una minore sensibilità ai cicli di lavaggio.

Ora però una nuova sfida si prospetta a Dirk Hegemann e al suo team: scalare questo processo di laboratorio in processi industriali efficienti ed economicamente sostenibili. Le aziende sono interessate a trovare alternative ecologiche ai PFAS, basti pensare che le imprese elvetiche Lothos KLG, beag e AG Cilander stanno collaborando attivamente a questa missione.

Bernd Schäfer, CEO di beag, ha sottolineato che «la tecnologia è rispettosa dell’ambiente e ha anche un interessante potenziale economico».

L’impiego su larga scala del metodo EMPA avrebbe un impatto positivo evidente. Basti pensare che, solo per fare un esempio, ancora oggi le giacche outdoor per bambini possono contenere elevate quantità di PFAS. Lo ha evidenziato un recente studio condotto da Bund, associazione tedesca per la protezione dell’ambiente e della natura, insieme ad altre 14 organizzazioni. Infatti, l’analisi ha rivelato che il 63% del campione di giacche selezionate conteneva PFAS, e nel 29% questi erano oltre i limiti consentiti dall’Unione Europea. L’iniziativa dell’EMPA potrebbe davvero fare la differenza.