Uno studio in rosso
- 17 Ottobre 2019
- Posted by: VectorWM
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«Pesanti nuvoloni neri si muovevano lentamente nel cielo e non ci si vedeva a un tiro di schioppo»
Citazione tratta da Uno studio in rosso di Sir Arthur Conan Doyle
Il Fondo Monetario Internazionale vede nuvoloni neri, come quelli descritti da Sir Arthur Conan Doyle, che si muovono nel cielo dell’Eurozona. Le cause principali risiedono in una debole domanda estera e in un calo delle scorte, che rappresentano un freno alla crescita. Questa è l’analisi che si legge nell’aggiornamento di ottobre del World Economic Outlook del Fmi. Gli esperti del Fondo hanno quindi tagliato le stime sul PIL dell’area che adotta la moneta unica per il 2019: si passa dal +1,3% stimato a luglio a +1,2%; inoltre sono state limate anche le proiezioni sul 2020 (da +1,6% a +1,4%). Secondo l’istituto internazionale, l’attività economica dovrebbe riprendersi solo modestamente negli ultimi mesi del 2019. In futuro impatterà positivamente la ripresa della domanda estera, che dovrebbe acquisire nuovo slancio. Inoltre, dovrebbero svanire alcuni fattori temporanei, come i nuovi standard sulle emissioni che stanno colpendo la produzione automobilistica tedesca in questa fase di transizione. Nello specifico, la Germania rallenta a +0,5% nel 2019 (-0,2) e a +1,2% nel 2020 (-0,5). Il Fondo Monetario Internazionale esorta quindi Berlino ad aumentare gli investimenti pubblici nel capitale fisico e umano. In alternativa, si potrebbe ridurre il cuneo fiscale, una mossa che «alimenterebbe i consumi» e «rafforzerebbe il potenziale di crescita».
Intanto il tasso d’inflazione annuale dell’Eurozona è sceso dall’1% di agosto allo 0,8% di settembre, secondo i dati pubblicati da Eurostat. Il risultato è leggermente inferiore alle previsioni del consenso e al dato preliminare, entrambi allo 0,9%. Se guardiamo la variazione su base mensile, sempre a settembre, l’inflazione è cresciuta dello 0,2%, in questo caso confermando le stime.
Il cielo rimane nuvoloso anche sulla questione Brexit. Il governo del Regno Unito, guidato dal premier Boris Johnson, e l’Unione Europea stanno cercando di arrivare a un accordo in extremis. Ma sulle trattative è calata la scure della leader nordirlandese unionista del Democratic Unionist Party, Arlene Foster, e del suo vice Nigel Dodds, che hanno fatto sapere di non poter dare il loro sostegno all’ipotesi di accordo attuale. I due politici hanno espresso dubbi circa la questione doganale relativa ai confini dell’Irlanda del Nord e sulla mancanza di chiarezza sull’Iva. Tuttavia hanno precisato: «Continueremo a lavorare con il governo per cercare di arrivare a un accordo ragionevole che funzioni per l’Irlanda del Nord e tuteli l’integrità economica e costituzionale del Regno Unito». Senza un’intensa o un rinvio, il 31 ottobre ci sarà una Hard Brexit, la situazione più temuta dai mercati.
E i nuvoloni neri rimangono anche sopra la disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina, ma c’è una possibilità di schiarita. Venerdì scorso è infatti stata raggiunta una mini-intesa: «Abbiamo centrato una sostanziale fase uno dell’accordo» ha detto il presidente americano Donald Trump. Che poi ha aggiunto: «Siamo vicini a mettere fine alla guerra commerciale». Pechino sembra disposta ad andare incontro agli USA acquistando dai produttori a stelle e strisce più derrate alimentari, come semi di soia, carne di maiale e grano. Tuttavia, dalla mini-intesa resterebbero invece fuori ancora molti nodi cruciali, tra cui quello che riguarda il trasferimento delle tecnologie. Il segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin, ha voluto comunque confermare alla Cnbc i progressi fatti nelle trattative e ha detto di aspettarsi un’ulteriore evoluzione durante la prossima visita di Trump in Cina, prevista a novembre.
Se vogliamo una certezza, possiamo dire che su JP Morgan Chase il cielo è sereno. Nel terzo trimestre di quest’anno, infatti, la più grande banca d’affari degli Stati Uniti ha registrato un utile netto pari a 9,08 miliardi di dollari, in aumento dell’8% su base annua. L’utile per azione è salito a 2,68 dollari per azione dai 2,34 dollari dello stesso periodo di un anno fa, e ha battuto anche le stime degli analisti ferme a 2,45. E anche i ricavi sono cresciuti a 30,1 miliardi di dollari (+8%), superando le attese del consenso a 28,47 miliardi.